Magia
o illusione? Il potere inafferrabile della prima o il fascino suadente
della seconda? Christopher Nolan (Memento,
Insomnia,
Batman Begins)
costruisce il suo
The Prestige sul mistero che circonda gli spettacoli
dei maghi-illusionisti a fine XIX secolo, ultimo baluardo per
un’emozione del fantastico ancora “umana”, prima del debordante
insinuarsi della creatività affabulante del cinema e della tecnologia
effettistica del digitale.
Il rischio non è solo nella magra figura di un numero non riuscito: c’è un escalation drammatica nei numeri che cadenzano The Prestige. Sarah, la moglie di Robert che fa da valletta a Cutter, è vittima di un infido nodo con cui Alfred le ha stretto le corde e la carriera dei due amici si trasforma in una perfida sfida. La vendetta di Robert costa due dita della mano ad Alfred-Il professore. Questi, preso dal sacro fuoco della competizione illusionistica, non riesce a tenere saldo il suo matrimonio con Julia; anche perché c’è di mezzo la sua nuova assistente, Olivia (Scarlett Johansson)… Ma perfino questa passionale relazione è destinata a smarrirsi: mandata da Robert-Il grande Danton per spiare le mosse dell'avversario non potrà che rimanere delusa dal cinismo che alberga nei cuori dei maghi.
Entrano in gioco quaderni di appunti che passano di mano in mano, saturi di misteri e di codici (in)decifrabili, i mirabolanti esperimenti di trasporto della materia affidati a Nikola Tesla (David Bowie, che dà un’eccentrica caratterizzazione ad uno scienziato - esperto in campi magnetici - realmente esistito), cappelli e gatti che anziché sparire si clonano, la concretezza di un tribunale che dovrà far giustizia di Alfred, accusato dell’omicidio di Robert.
Già troppi gli indizi fin qui rivelati, ma la complessità del meccanismo narrativo sceneggiato dai fratelli Nolan (sulla base del romanzo di Christopher Priest) va oltre le aspre schermaglie dell’ambizione dei due illusionisti, diventa la storia di un’ossessione inarrestabile, che mira a governare l’irrazionale, a ritrovare nell’arte della falsità e dell’inganno la chiave di un nuovo illuminismo disumanizzato. Un’ansia che si fa anche figurativa perché la macchina dell’illusione schermica costruita da Nolan coniuga perfettamente l’incalzante padronanza degli effetti speciali con la tensione dei trucchi dei suoi protagonisti, il montaggio destrutturalizzante con i dubbi e i ripensamenti della loro ambiguità morale. C’è spazio in The Prestige per il tormento di sentimenti lacerati dall’intrigo del doppio, per il respiro acre dello scontro di classe, per la disillusione e la speranza (lo sguardo ingenuo della piccola Jess), per un tesissimo thriller dell’essere e dell’apparire. Un passaggio di consegne tra gli “illusionismi reali” di Borden e Angier e la “finzione magica” del cinema del nuovo millennio. |
ezio leoni - La Difesa del Popolo 14 gennaio 2007 |
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