Magia
o illusione? Il potere inafferrabile della prima o il fascino suadente
della seconda? Christopher Nolan (Memento,
Insomnia,
Batman Begins)
costruisce il suo
The Prestige sul mistero che circonda gli spettacoli
dei maghi-illusionisti a fine XIX secolo, ultimo baluardo per
un’emozione del fantastico ancora “umana”, prima del debordante
insinuarsi della creatività affabulante del cinema e della tecnologia
effettistica del digitale.
Il rischio non è solo nella magra figura di un numero non riuscito:
c’è un escalation drammatica nei numeri che
Entrano in gioco quaderni di appunti che passano di mano in mano, saturi di misteri e di codici (in)decifrabili, i mirabolanti esperimenti di trasporto della materia affidati a Nikola Tesla (David Bowie, che dà un’eccentrica caratterizzazione ad uno scienziato - esperto in campi magnetici - realmente esistito), cappelli e gatti che anziché sparire si clonano, la concretezza di un tribunale che dovrà far giustizia di Alfred, accusato dell’omicidio di Robert.
Già troppi gli indizi fin qui rivelati, ma la complessità del
meccanismo narrativo sceneggiato dai fratelli Nolan (sulla base del
romanzo di Christopher Priest) va oltre le aspre schermaglie
dell’ambizione dei due illusionisti, diventa la storia di
un’ossessione inarrestabile, che mira a governare l’irrazionale, a
ritrovare nell’arte della falsità e dell’inganno la chiave di un nuovo illuminismo disumanizzato. Un’ansia che si fa anche figurativa perché la macchina
dell’illusione schermica costruita da Nolan
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ezio leoni - La Difesa del Popolo 14 gennaio 2007 |
cinélite
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