In
un'affollata città indiana, nei pressi di una stazione, scende
frettolosamente da un taxi un uomo di mezza età (Bill Murray) e si
mette all'inseguimento di un treno in partenza. Durante la corsa viene
accostato e poi superato da un giovane (Adrien Brody) con delle
vistose valigie, che lo supera e con un balzo riesce a salire sul
treno, lasciando l'altro a terra.
Sul treno egli incontrerà i due fratelli, Francis (Owen Wilson), il
maggiore, con il volto coperto da bende per i postumi di un incidente
e Jack (Jason Schwartzman), il più giovane, scrittore. Per i tre
comincerà un viaggio, che, nelle intenzioni di Francis, che l'ha
organizzato, dovrebbe servire a ritrovare il legame reciproco che
avevano in precedenza e a superare il trauma della morte del padre, ma
che poi, dal confronto con la variegata realtà indiana, porterà i tre
lungo un processo di maturazione e superamento delle loro esistenze
precedenti.
Fin dalla prima sequenza Anderson coinvolge lo spettatore in un gioco,
a lui caro, di rimandi autoreferenziali. Murray, nonostante la corsa
disperata, non riuscirà a salire sul treno, "fallendo" il tentativo di
passare dalla nave Belafonte de Le avventure acquatiche di Steve
Zissou
all'altro "veicolo dell'anima" di Anderson il Darjeeling
Limited: sparirà così dal racconto (a parte una fugace ricomparsa),
lasciando la scena ai tre fratelli proprio là dove si era conclusa la
storia dei tre fratelli Tenenbaum e cioè alla morte del padre.
Tre sono peraltro anche gli sceneggiatori di questa brillante
commedia: oltre allo stesso Anderson, Roman Coppola e Jason
Schwartzman, come tre sono nella vita i fratelli Anderson e i fratelli
Wilson. Ognuno ha portato le sue esperienze dentro il film.
Tre sono anche, su dichiarazione dello stesso regista, gli interessi
da cui è nata l'idea del film: i fratelli, l'India, il treno.
Le relazioni familiari e i rapporti parentali, da
Rashmore a
I Tenenbaum a
Le avventure acquatiche di Steve Zissou, occupano un posto
centrale nella narrazione di Anderson, particolarmente abile nel
rappresentare famiglie tanto problematiche quanto eccentriche.
Questa volta il racconto si concentra sulle figure dei tre fratelli, i
cui caratteri differenti risultano fortemente tipizzati grazie alla
recitazione dei tre bravissimi attori, ognuno con le sue manie e i
suoi tic e alla cui caratterizzazione contribuiscono in maniera
determinante, tutta una serie di oggetti: occhiali, cinture,
accappatoi, cappelli, bende e soprattutto valigie super griffate (sono
state appositamente disegnate da Marc Jacob e realizzate da Louis
Vuitton!), in funzione di correlativi oggettivi, come sempre in
Anderson. È il rapporto di incontro/scontro tra i loro diversi modi
di affrontare la vita che costituisce il principale motore
dell'azione.
Nel corso del loro folle viaggio, prima in treno e poi a contatto
diretto con la realtà indiana, i tre personaggi dovranno fare i conti
non soltanto con il rapporto con la morte del padre, ma anche con il
ritrovamento della madre (ancora una volta interpretata da Anjelica
Huston), fuggita di casa per fare la "suora d'azione" ai piedi
dell'Himalaya, donna forte e autoritaria quanto imprevedibile, della
quale Francis, il maggiore, sembra aver ereditato il carattere.
Ma dovranno fare i conti anche con l'India, paese nel quale da tempo
Anderson desiderava girare un film, che, con la sua realtà caotica e i
suoi deserti (qui le riprese sono state effettuate prevalentemente in Rajastan), le
sue atmosfere ora movimentate ora elegiache e i suoi colori accesi,
funziona benissimo come cassa di risonanza dei rapporti tra i tre
fratelli, diventando anch'essa personaggio, così come il treno. Treno
che, con la sua tradizione cinematografica (dai
Lumiére a Porter) affascinava da sempre Anderson (il lavoro precedente
era invece su una nave...)*.
Ed effettivamente la parte migliore di
The Darjeeling
Limited è quella girata a bordo
del Darjeeling Limited stesso, che Anderson ha fatto realizzare dal suo scenografo Friedberg,
con l'aiuto di decoratori locali, fondendo i modelli dello stile del Rajastan e delle
ferrovie indiane con una sorta di moderno Deco e adattandolo alle
esigenze delle riprese. E queste, forse anche perché condizionate dalla
location, privilegiano, rispetto ad una scala dei piani
gerarchicamente ordinata, una rappresentazione in orizzontale, così da
permettere al regista di sincronizzare perfettamente lo sviluppo dei
personaggi con il suo personale uso della macchina da presa. Mentre quando i tre fratelli lasciano il treno, proseguendo il loro viaggio a
piedi, il film perde in compattezza e le loro avventure risultano un po' trascinate, quasi che l'energia reciproca scaturisse proprio dalla
costrizione dell'unità di luogo.
Il viaggio si concluderà circolarmente là dove è cominciato: sul treno
sul quale i tre saliranno, dopo essersi però sbarazzati del fardello
delle valigie e quindi più aperti all'imprevedibilità della vita.
Chi ama i film di Wes Anderson
ritroverà pregi e difetti che
caratterizzano questo autore: l'eccentricità dei personaggi e delle
situazioni, i colori accesi delle curatissime scenografie, la
bellissima colonna sonora anni '70 (Kinks, Rolling Stones),
l'ammiccamento al cinema moderno più che al postmoderno, i rimandi
autoreferenziali e soprattutto la generale leggerezza con cui viene
condotta la narrazione, anche se questo, pur essendo gradevolissimo e
divertente, risulta forse meno compatto e meno riuscito dei
precedenti.
La
proiezione veneziana è stato preceduta da un corto,
Hotel Chevalier,
che costituisce un brevissimo prologo alla vicenda, narrando la
fine della storia d'amore tra Jack (Jason Schwartzman) e la
fidanzata (Natalie Portman) in un albergo parigino. Molto
divertente, ma non sarà purtroppo vedibile in sala, comparirà solo nel DVD. |
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