Le avventure acquatiche di Steve Zissou
(The life aquatic with Steve Zissou) |
da La Repubblica (Roberto Nepoti) |
Agli antipodi delle produzioni hollywoodiane correnti, Wes Anderson è regista di film un po' folli (I Tenenbaum) e anarchici, dove personaggi, forme e colori non hanno nulla di realistico. Per alcuni il suo cinema è già oggetto di culto; altri lo detestano. Il soggetto delle Avventure acquatiche di Steve Zissou è bizzarro: anche se, nell'innesco, fa venire in mente "Moby Dick". Achab megalomane e depressivo, l'oceanologo Steve Zissou va alla ricerca dello squalo-giaguaro che si è divorato il suo migliore amico. Con lui s'imbarcano la sofisticata moglie (Anjelica Huston), il presunto figlio naturale, appena incontrato (Owen Wilson), una giornalista incinta (Cate Blanchett) e l'equipaggio di sempre. Oltre allo spettatore, che viene introdotto in un universo differente da tutti gli altri e retto da regole proprie, dove vivono creature da bestiario fantastico (squali luminescenti, diamantini dalla pinna blu, granchi caramello) e imperversano pirati malesi ninja assurdamente inefficienti. Wes, insomma, costruisce un mondo a propria immagine e lo popola di "caratteri" liberi da ogni convenzione di verosimiglianza, ma perfetti per le sequenze surrealiste che si sgranano sullo schermo. Al risultato è essenziale il contributo iconografico: dai costumi (di Milena Canonero) ai sottomarini gialli e ai batiscafi di cui è equipaggiata la nave Calipso. Divertenti, e un po' crudeli (i pietosi film sottomarini realizzati da Zissou), i riferimenti ai documentari del comandante Cousteau. |
da Film Tv (Enrico Magrelli) |
Le acque cinematografiche sono sinonimo, tra l’altro, di deriva, caccia, ammutinamento, fuga, esplorazione, tempeste perfette e imperfette. A Wes Anderson interessano alcune di queste potenzialità geografiche e simboliche e nel suo film (il quarto di una carriera fertile ed eccentrica) imbarca la sua corale su una nave-alveare che porta tutti i segni delle onde anomale, della salsedine, dei peripli, degli sbuffi della rosa dei venti. Il capociurma e il capocomico del team di randagi che solca i sette mari è l’arrogante ed egocentrico Steve Zissou (un superbo Bill Murray), esploratore subacqueo, oceano-grafo, regista di documentari. Come sempre nei film andersoniani la sua identità, liquida come quella di tutti gli altri personaggi, Io porta ad essere un marito e un padre incompiuto. L’ultima avventura per trovare lo squalo giaguaro che ha ucciso Esteban, il migliore amico del protagonista, ha la malinconia dell’ultima possibilità, dell’ultimo ciak, dell’ultima volta, dell’ultima messa in scena. Steve e la moglie Eleanor (Huston), la giornalista Jane (Blanchett) e Ned (Wilson), copilota dell’Air Kentucky, che arriva dal passato e potrebbe essere e non essere il figlio di Steve, il consulente finanziario (un Bud Cort che porta i segni dell’attore che è partito negli anni 70) e gli altri caratteri anomali, che sono, nello stesso tempo, marinai e tecnici (quante volte ci hanno spiegato che girare un film può essere un viaggio) formano un bestiario antropologico da acquario della vita. Sotto le onde, in una busta di plastica o sulla spiaggia nuotano e si muovono i fragolini fluorescenti, il cavalluccio iridato, i granchi caramellati, i delfini albini, il diamantino pinna blu. Ittiologia fiabesca per un intreccio disarticolato e per personaggi spostati di alcuni millimetri rispetto all’asse terrestre. Questa volta la commedia degli affetti di Wes Anderson, che è una specializzazione sofisticatissima della commedia sentimentale e intellettuale, si allontana dalla terraferma e dalle leggi di gravità. Tra fusibili che saltano, pirati all’arrembaggio, nascituri che ascoltano letture proustiane, maree interiori che salgono e scendono nello stesso modo da millenni, mentori irresistibili e inaffidabili, intelligenze in apnea, fallimenti da fondo marino, aspirazioni e approcci goffi, colpe che lasciano scie d’acqua. Le vedi per qualche secondo prima che il mare se le riprenda e le nasconda. |
i giovedì del cinema invisibile TORRESINO maggio-giugno 2005