da Il Corriere della Sera (Maurizio Porro ) |
Dopo Hitler e Lenin, col potente Hirohito visto nella sconfitta post bellica mentre tratta con un disponibile McArthur, Sokurov chiude la sua fantastica trilogia sugli individui cosmico storici, come diceva Hegel (forse ci sarà anche Faust). Vede il 120° imperatore della divina dinastia come un venerato manichino che rinuncia alla propria aureola e al sole deludendo, in data 1 gennaio '46, il popolo pronto al martirio. E si rivela un essere umano triste, paradossale, umoristico e paranoico, volto al dettaglio e al privato, dopo aver vissuto il mondo in prima persona. Nel silenzio-penombra del bunker Sokurov organizza la ieratica, disperata recita in un film claustrofobico, di forma sconvolgente e mai disgiunta da un preciso discorso sui riti pubblici e privati, su caos e metodo, sulla misteriosa psicologia di un «idiota» dostoevskijano, un bambino indifeso nel profondo, non a caso paragonato al clown Charlot. |
da La Repubblica (Roberto Nepoti) |
Dopo
averci introdotto agli ultimi giorni di Hitler (Moloch)
e di Lenin (Taurus,
inedito in Italia), Aleksandr Sokurov ci guida a conoscere quelli
dell'imperatore Hirohito. Ultimi giorni non da uomo, ma da divinità;
perché Hirohito muore come dio per risorgere come uomo. Il secondo è molto
più potente del primo: rinunciando pubblicamente allo status divino
attribuito ai sovrani nipponici, l'uomo nuovo riuscì a risparmiare le vite
di migliaia di soldati, disarmandoli e ponendo fine al conflitto mondiale.
L'opposto di quanto fece Hitler, che mandò al massacro i resti del suo
esercito a guerra ormai perduta. |
da Film Tv (Bruno Fornara) |
Aleksandr
Sokurov ha completato la trilogia dei dittatori Hitler era
Moloch (1999), nome
che per gli antichi fenici designava il sacrificio rituale dei bambini.
Uno sfinito Lenin era Taurus
(2000). Adesso arriva nelle sale
Il
Sole,
dedicato all’imperatore giapponese Hirohito, 124esimo discendente della
dea del sole Amaterasu. Hitler muore nel bunker della Berlino distrutta.
Lenin muore nel suo letto, Hirohito annuncia il 15 agosto del 1945 la resa
del Giappone dopo Hiroshima. Per la prima volta fa sentire la sua voce,
per radio, per dichiarare finita la guerra. Il Giappone imperiale scende a
patti con il generale McArthur. Sokurov è attratto dai personaggi che
hanno esercitato il potere con il terrore, le stragi, il sangue e le
guerre: anche dentro una crepuscolare e fantasmatica luce di celeste
distanza, come il regista immagina sia accaduto con Hirohito. Sokurov è
affascinato dall’aspetto quotidiano e banale del potere, dalla vita che
Hitler, Lenin e l’imperatore conducono nelle loro stanze, in una intimità
che ne rivela l’incerta natura, le debolezze e la piccolezza. Cosa si
dicevano Hitler ed Eva Braun nella villa fortilizio di Berchtesgaden, di
cosa chiacchieravano con Bormann e Goebbels mentre i camini di Auschwitz
filmavano senza sosta. Com’è il potere nella sua veste familiare, quando
Eva Braun può prendere a calci il suo piccolo dittatore. Cosa si dicevano,
nel 1922, il moribondo e impotente Lenin e il rampante e sorridente
Stalin. Cosa pensava Lenin nella sua lunga agonia, circondato da
infermieri e spie. Sokurov è stregato dall’altra faccia delle cose. Dalla
faccia nascosta della grande storia, come dall’altra faccia di ogni
esistenza celata dall’opacità di un volto. Guarda dietro le cose, si
interroga sulla storia del suo mondo, russo e sovietico, cerca rifugio
nell’elegia, nell’incanto di un paesaggio nebbioso. Si immagina lo
splendore rifulgente del potere e la sua marcia cancrena. |
TORRESINO
- gennaio 2006