Il Signore degli Anelli - La Compagnia dell'Anello
(THE LORD OF THE RINGS - The Fellowship of the Ring )
Peter Jackson
- Nuova Zelanda/USA 2001 - 2h 22'

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   Fascinazione e straniamento. La visione del primo "capitolo" de Il Signore degli Anelli lascia esterrefatti e attoniti, inebriati dalla magnificenza di un mondo incantato che prende corpo con assoluta padronanza cinematografica, spiazzati di fronte ad una saga già "meravigliosa" nella sua maestosità letteraria (il testo di Tolkien, edito a metà degli anni '50, è di oltre mille pagine, suddivise in tre parti, La Compagnia dell'Anello, Le due Torri, Il ritorno del Re) e ora, rinverdita per lo schermo da una trasposizione fedele nello spirito ma inesorabilmente ridotta rispetto alla complessità di situazioni e personaggi originari (i puristi lamentano la scomparsa di un personaggio come Tom Bombadil!) e quindi ostica per un approccio di compiuta e "conscia" partecipazione. L'impasse critica (ma non emotiva!) nasce proprio dal percepire questa inadeguatezza d'analisi, dal non possedere in toto la cognizione dello splendido evolversi dell'universo tolkeniano, di doversi affidare alla sola esperienza cinematografica senza l'imprinting d'approfondimento che è appannaggio dello stuolo di fan che conoscono a menadito tutte l'opera dell'umanista di Oxford, che hanno riaffrontato con dovizia l'intero tomo, quale "riscaldamento" per l'avventura schermica.
E, in effetti, senza un'adeguata lettura propedeutica, l'abbandonarsi alla visione lascia quasi interdetti nella sua ubriacante frenesia narrativa e figurativa. Eppure per apprezzare il mastodontico lavoro di Peter Jackson (tre anni per la sceneggiatura, quindici mesi  per le riprese nelle incontaminate location della Nuova Zelanda, un budget di 300 milioni di dollari per oltre 1.200.000 metri di pellicola che hanno coperto già tutta la narrazione del libro, anche se l'edizione prevede tre film distinti [ ], scanditi nell'arco di altrettante stagioni cinematografiche)  occorre proprio lasciarsi andare al fascino delle immagini; non solo inchinarsi di fronte all'effervescenza favolistica di Tolkien (ormai assodata, universalmente apprezzata, persino inopinatamente etichettata, talvolta, secondo effimeri umori ideologici), ma liberare l'emozione dello sguardo di fronte a una costruzione immaginifica che costituisce di per sé evento narrativo, pathos d'azione, lievità di suggestioni fiabesche, tensione incombente di paure ancestrali.

Il prologo (un po' ridondante in rappresentazione esplicativa) introduce subito nell'essenza della storia: anelli magici forgiati per governare il mondo, il potere del male che cova sotto l'apparente prosperità della Terra di Mezzo, un melting-pot di eroi che cerca di ricondurre il destino sulla via del bene... 

Della Compagnia dell'Anello (che ha il compito improbo di distruggere il ventesimo anello, il più pericoloso) fanno parte lo stregone Gandalf (Ian McKellen), il nano Gimli, gli umani Aragorn (Viggo Mortensen) e Boromir, l'elfo Legolas e gli hobbit Sam, Pipino, Merry e Frodo (Elijah Wood) che ha ricevuto l'imbarazzante eredità dell'anello dallo zio Bilbo Baggins (Jan Holm) e che è il vero protagonista della magica impresa (per sapere come Bilbo ne fosse venuto in possesso bisognerebbe andare a consultare Lo Hobbit: la bibliografia di Tolkien è un intarsio sorprendente che travalica la stessa trilogia).
Capolavoro assoluto della fantasy letteraria, Il Signore degli Anelli si erge ora a summa filmica di avventure gotico-fiabesche in paesaggi folgoranti, di espressionismo new-age (la radiosa presenza della regina di Lothlòrien Garadriel-Cate Blanchett), di ricercatezza cromatica (la fotografia caratterizza le ambientazioni accentuando le sfumature del colore), di oscura iniziazione etica (l'eterno, sofferto scontro bene-male, l'ineluttabile parentesi romantica,  l'incombenza della distruzione dell'eden, la forza invitta della lealtà e dell'amicizia), di lussureggiante esibizionismo cinematografico: la regia rimanda alle abbaglianti invenzioni scenografiche di Harryhausen (le gigantesche statue dei Re degli uomini, la battaglia con gli orchetti e la lotta col troll nelle miniere di Moria), agli spazi aperti del western (l'inebriante fuga a cavallo che vede protagonista la principessa degli Elfi Arwen-Liv Tyler, l'escursione in canoa lungo il fiume fiume Anduin), alle digrignanti figure dell'horror (gli orchi Uruk-hai forgiati nelle viscere della terra dallo stregone Saruman-Christopher
Lee, i lugubri Cavalieri Neri al servizio del malvagio Sauron). 
Occorreva la tecnica potente del digitale per poter intraprendere un viaggio fantastico così ardito e suggestivo (oltre il 90% delle immagini modificate al computer, il lavoro di post-produzione organizzato via internet), ma ancora una volta la grandezza dl cinema a tutto tondo sta nell'invisibilità del trucco e nella sconvolgente visibilità degli effetti, nella creazione di un immaginario comune, fantastico e intrigante: c'è chi potrà non entrare in piena sintonia col film (e col genere fantasy), ma solo qualche spettatore ipercritico non saprà gustarne la magnificenza visionaria e l'avvincente spirito d'evasione, fuori dal tempo e adatto a tutte le età. E lo smacco della struttura a sequel (che senso d'impotenza dover attendere il 2004 per arrivare alla fine!) rende ancor più seducente il dilatarsi di un'avventura restia a concludersi, insofferente ad adeguarsi agli standard di mediocrità diegetica di tanta fiction di cassetta.
Come il suo stregone Gandalf , Jackson sa avvincere lo spettatore in un'esperienza unica e irripetibile, come gli hobbit della Contea anche noi assistiamo estasiati, nell'oscurità magica della sala, ai folgoranti fuochi d'artificio di questo esplosivo Lord of the Rings.

ezio leoni - La Difesa Del Popolo  3 febbraio 2002 / MC magazine 3

   OSCAR: effetti visivi - fotografia - colonna sonora originale - trucco

cinélite TORRESINO all'aperto: giugno-agosto 2002