Un ragazzo, tre ragazze
(Conte d'eté) |
da Il Corriere della sera (Tullio Kezich) |
È il terzo dei Racconti delle quattro stagioni di Eric Ronmer (il titolo originale difatti era Racconto d'estate). Vive la sua estate e la sua storia, questa volta, un ragazzo, Gaspard, che va in vacanza in Bretagna da un 17 luglio a un 6 agosto (le date son scandite via via come fogli di calendario); ama la musica, si dedica quasi per intero alla sua chitarra ma un po' anche all'attesa di Lena, la ragazza che ama, con la quale ha un vago appuntamento proprio lì, in quella regione, fra Saint-Malo e Dinard (un attesa non dissimile, per la sua indeterminatezza, da quella della protagonista di Racconto d'inverno). Mentre suona ed aspetta, incontra Margot, una giovanissima etnologa che, per arrotondare i suoi introiti, fa anche la cameriera in un bar; si lega a lei di amicizia ma poi incontra anche Selene, che sembra indurlo a sentimenti più caldi. Interrotti, o comunque lasciati in sospeso, dall'arrivo - finalmente - di Lena con la quale, però, il rapporto non tarda a incrinarsi. Quando tutto sembra ricomporsi e Gaspard si trova adesso a dover scegliere fra le tre ragazze, tutte disponibili anche se lui continua a sentirsi frustrato e respinto, la proposta di un amico per l'acquisto di un registratore d'occasione lo trae da ogni impaccio: prima la musica, dopo, chissà quando, l'amore. Lo schema è quello dei Racconti delle quattro stagioni (con i protagonisti intenti a decidere sui propri sentimenti), ma non mancano riferimenti alla serie Commedie e proverbi (soprattutto Il raggio verde) e a quella dei Racconti morali (tipico L'amore, il pomeriggio). Rohmer lo risolve secondo il suo solito: rinunciando quasi all'azione (i personaggi si limitano soprattutto a camminare insieme lungo le varie coste della Bretagna) e dando rilievo solo agli stati d'animo fatti affiorare in superficie grazie a dialoghi intensissimi e splendidi in cui l'eloquio dei giovani, pur fedelmente interpretato, si sublima (nella versione originale) in un purissimo francese da teatro classico che si incastona nella vicenda come un gioiello preziosissimo. Di sfondo, appunto, le spiagge bretoni, intervallate da pochissime scene in interni, piegate, e le une e le altre, a far da asettica cornice alle evoluzioni psicologiche dei personaggi, alla mutevolezza dei loro sentimenti, alle lacerazioni impalpabili e segrete dei loro animi. Con una misura, un tatto, un'eleganza di climi e di modi che, con meditatissimo stile, sa raggiungere spesso la poesia: all'insegna, ancora una volta, di un cinema quasi soltanto interiore. |