Paranoid Park
Gus Van Sant - USA/Francia 2007 - 1h 30'

    Il mondo giovanile, questo sconosciuto: dentro e fuori la famiglia, dentro e fuori la scuola, in ambienti e situazioni che evidenziano isolamento, insicurezza e un bisogno di riferimenti certi, di affetti rasserenanti. Uno skate come compagno, Paranoid Park come meta: i teenager di Portland, disegnati, in 35 e 16 mm, dalla cinepresa ipnotica di Gus Van Santfilm successivo in archivio, si librano in volo spinti da una “magica” forza d’inerzia e dalla loro dirompente vitalità, tesi ad una trasgressione civile conclamata, ma che in fondo non va oltre l’estraniarsi dalla quotidianità, dall’abulia del vivere, per partecipare ad un liberatorio momento di aggregazione. Un ritrovarsi apparentemente solo “sportivo”, ma che in realtà scaturisce di una solitudine profonda e che, tra un’evoluzione e l’altra, in quell’esclusivo giardino di cemento, cerca un’improbabile affrancamento dalla comune insoddisfazione.
Alex, il protagonista di
Paranoid Park, approda a quel malfamato luogo di esibizione/allenamento («Nessuno ha l'età giusta per frequentarlo») con l’adolescente imbarazzo di chi dovrebbe sentirsi pronto per una risolutoria iniziazione. Non ci troviamo di fronte alla iperreale descrizione di una devianza violenta (
Elephant), ma all’istantanea, altrettanto sgomenta, di un dramma destabilizzante che nasce dalla casualità, da un incidente inaspettato e macabro che l’animo ingenuo e debole di Alex cerca disperatamente di cancellare dai propri ricordi e dalla propria coscienza.
Gli asfittici rapporti coi genitori (ripresi in secondo piano, di spalle; disposti a fare domande, ma incapaci di proporre risposte), il difficile relazionarsi tra i sessi (con la disarmante superficialità di Jennifer di fronte alla verginità), la tenerezza di un contatto d’amicizia sincero (anche se il confronto con Macy sui temi sociali resta problematico per Alex), la valenza terapeutica dello scrivere, di una (auto)confessione liberatoria… I tasselli del diario esistenziale di Alex sono orchestrati da Van Sant con la immediatezza di un racconto rubato alla concretezza del reale (il soggetto esce dal romanzo-verità di Blake Nelson, i protagonisti sono esordienti, trovati attraverso Myspace), ma destrutturato nel rimescolamento dei piani temporali e dei punti di vista, sublimato dal contrappunto sonoro che mescola le sonorità underground di Elliott Smith ed Ethan Rose con le soavi musiche di Nino Rota.
Quei fogli bruciati a suggellare la rimozione di un’angoscia interiore (e del senso di colpa?) non bastano a scaldare il cuore di Alex. Il vuoto di senso che pervade
Paranoid Park è come un gelido brivido che deborda dallo schermo e ci entra sotto pelle.

ezio leoni - La Difesa del Popolo  23 dicembre 2007


promo

Teenagers belli e disadatti alla vita, in equilibrio delicato sugli skateboard e in lotta con la forza di gravità e le leggi morali dentro e-o fuori di noi. Delitto e castigo coi ragazzini che volteggiano sugli skate nell' infernale ed asettico Paranoid Park dove assistiamo alla morte accidentale di un uomo innocente. Con scarne parole e con un contrappunto sonoro che mescola le sonorità underground di Elliott Smith ed Ethan Rose con le soavi musiche di Nino Rota, Gus Van Sant inquadra anima, corpo ed emozioni di questi adolescenti e, mentre confessa l' impotenza dello sguardo, accusa lo stordimento generazionale. Il vuoto di senso che pervade Paranoid Park è come un gelido brivido che deborda dallo schermo e ci entra sotto pelle.

TORRESINO - gennaio 2008

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