Nowhere Boy
Sam Taylor-Wood - Gran
Bretagna/Canada 2009 -
1h 38' |
Per
essere un'artista concettuale, la neoregista Sam Taylor Wood, (unico
precedente il cortometraggio
Love you more
realizzato sotto l'egida di Anthony Minghella), ha scelto una strada
relativamente convenzionale, una narrazione filata e naturalistica di una
delle vite più indagate, anzi vivisezionate, della storia recente: John
Lennon.
Nowhere Boy
evita in blocco la tentazione di cedere alle sirene irresistibili della
saga beatlesiana, si limitaa raccontare il Lennon ragazzo, la sua
formazione nella adolescenza di Liverpool tra disobbedienze scolastiche,
dischi blues arrivati per mano di portuali compiacenti e soprattutto nel
tanto decantato e complesso rapporto con le due donne della sua vita di
ragazzo. La prima, come ogni appassionato sa, è la celebre Zia Mimì,
tutrice severa, rigida; l'altra,è la madre Julia (a cui è intitolato un
brano del White album) ovvero il brio, la leggerezza, e la totale
inaffidabilità. La mamma lo ha abbandonato quando aveva cinque anni, lui
la ritrova a quindici, con lei impara la spudoratezza ebbra di cui è
capace la musica, prima di perderla di nuovo, e per sempre. Aaaron Johnson
è un
convincente
Lennon adolescente, decisamente troppo bello per essere verosimile, ma
sufficientemente sfrontato, anarchico e imprevedibile come le
testimonianze ci raccontano. Il gusto concettuale della regista si rivela
casomai nell'accuratezza delle inquadrature, nella lieve e carezzevole
tecnica dei movimenti di camera, nella precisione sobria del montaggio. Ma
non trascende mai l'intenzione di base: raccontare la genesi di un artista
geniale, la sua iniziazione alla vita, come fosse un bildungsroman, un
classico romanzo di formazione, solo che invece di un personaggio
fittizio, su cui volare liberi, si tratta di un personaggio reale, anzi,
più che reale, di gigantesco ingombro. Così che sulla storia incombe la
presunzione di raccontare la verità, di dire una parola definitiva almeno
su quella prima fantasticata parte della vita di Lennon, quella in cui
passava in bicicletta davanti a un parco di nome Strawberry Fields, in cui
si dibatte disperatamente, con qualche caduta melò, tra incerte figure
materne e paterne, in cui sogna di diventare Elvis senza ancora sospettare
che sarebbe diventato John Lennon, in cui nella palestra della St.Peter's
Church Hall incontra Paul McCartney, incontro fatale e determinante non
solo per lui, ma per la storia della musica e per il gaudio supremo di
milioni di ascoltatori. Il giovane John è un eroe popolare che trova nella
marginalità della working class di Liverpool la strada per ridisegnare il
mondo. Ma la storia si ferma alle soglie dei
Beatles. E per opportuno
verismo non c'è traccia della loro musica, tranne il malizioso accordo che
suona in apertura e che i fan riconosceranno come l'accordo iniziale di
A Hard Day's Night. Tutto qui, tranne alla
fine, il primo pezzo solista del vero Lennon, ovvero l'urlo di Mother,
("Mother, you had me, but I never had you"), che arriva sulla
parola fine come un drammatico e liberatorio colpo di maglio. |
Gino Castaldo - La Repubblica |
Lennon
e McCartney proprio non ce li saremmo immaginati così. E, forse, è proprio
questa la grande forza di un film forse ingenuo, ma di sicuro diretto ed
efficace.Nowhere
Boy
di Sam Taylor-Wood, artista concettuale e fotografa di talento, appioppa
al palestrato Aaron Johnson (suo compagno nella vita) la faccia di John
Lennon adolescente e a un improbabile Thomas Sangster quella di un
gracilissimo Paul McCartney. A vederli, non ci credi neanche un attimo.
Poi, essendo i due bravi e pieni di carattere - il primo canticchia
benino, il secondo suona bene la chitarra, e ha dovuto reimparare da
mancino - rientri nel film, con l'aiuto di Kristin Scott Thomas e
Anne-Marie Duff, zia e madre naturale del divo John. La sfida della
regista è raccontarci John prima che divenisse Lennon, quel concentrato di
talento e fragilità che ha sempre avuto nel suo complesso e tragico
universo femminile il suo punto di forza e il suo tallone d'Achille. Il
lungometraggio gioca con abilità tra l'impossibilità di suonare e citare i
Beatles - accennati "a cappella" con
Love me do e mai nominati -
l'anacronismo di sentire Lennon (Mother,
ovviamente, ci commuove), dirci quello su cui si è ricamato molto, il
passato di John, senza approfondire quasi mai. Per gli appassionati c'è
qualche distonia, per i neofiti si gode con i Quarrymen, cover band
antenata degli scartafacci, e con un pugno di ragazzi cresciuti a
Liverpool, tra… via Paal e via Gluck. Film nostalgico, dolce, intenso,
condizionato da una madre di troppo. Non è
Control, certo, ma è un'opera che
coinvolge. E ci dice che quando Edipo ha la faccia di una madre rock, si
soffre parecchio, forse, ma si può diventare grandissimi. |
Boris Sollazzo - Liberazione |
Resteranno
forse delusi gli appassionati dell'arte concettuale di Sam Taylor-Wood.
Taylor-Wood con la fotografia ha lavorato sullo spazio (immagini
dell'artista sospesa in aria, senza legacci nella serie Selfportrait
Suspended), con i video d'arte ha messo in scena il tempo (immagini
accelerate di cesto di frutta in decomposizione accelerata nel lavoro
Still Life), con il cinema si è limitata a raccontare una storia, sebbene
eccezionale, visto che si tratta di quella del giovane John Lennon.
Ispirandosi al libro biografico della sorella di Lennon, Julia Baird (Growing
Up with My Brother John Lennon), Taylor-Wood ci porta con classicità e
semplicità nel contesto inglese e familiare in cui crebbe la futura star
della musica mondiale. Ed è uno spasso vedere l'incerto e timido John fare
i primi passi e suonare le prime note, cercando di non soccombere sotto il
peso di una famiglia difficile e ingombrante. Il film è anche la storia
della formazione artistica di Lennon, che scopre la sua passione vedendo
Elvis dimenarsi in un cinegiornale: un'epifania. Nel film inoltre si
ritrae molto bene la generazione dei giovani ribelli inglesi degli anni
Cinquanta che avevano dei riferimenti alti, dei modelli importanti da
perseguire. Insomma, un bel compendio per gli appassionati della biografia
di Lennon e per chi ama vedere ricostruita la scena inglese dell'epoca,
così compressa e così potenzialmente liberatoria. |
Dario Zonta - L'Unità |
Chi
era John Lennon prima di diventare un'icona? L'artista visuale e
neoregista Taylor-Wood prova a immaginarlo, ricostruendo l'adolescenza del
musicista e soprattutto il suo rapporto tormentato con la madre, che
l'aveva lasciato alle cure di una zia (Scott-Thomas in modalità acida) ma
che aveva continuato a vivere a pochi isolati di distanza. Il film pare
una favola rock, con un protagonista giovane e carismatico che si cala
bene nei panni del futuro John Lennon anche se conserva quelle ingenuità
che il cantante ha poi perduto (o forse non ha mai avuto).
Efficaci le attrici di contorno, sia la Scott-Thomas che Anne-Marie Duff
nei panni della madre di John, ma la vera rivelazione è il giovanissimo
Thomas Sangster nel ruolo di un Paul McCartney prepubescente. Le musiche
sono all'altezza della situazione: non i grandi successi dei
Beatles ma le
prime ruspanti interpretazioni di Lennon e della sua band occasionale. Su
tutto vola l'ala della nostalgia, e solo alla fine ci rendiamo conto che
la storia non è altro che la spiegazione letterale della canzone dei
titoli di coda: Mother. |
Paola Casella - Europa |
promo |
A Liverpool, il
quindicenne John Lennon è cresciuto con la zia conformista, ma un
giorno si rifà viva la mamma eccentrica, appassionata di musica,
che ha sempre vissuto a pochi passi da casa. L'incontro tra i due
sarà fonte di conflitto così come di cambiamento.
John prima di diventare Lennon, l’icona rockstar: è questa la
sfida dell’esordiente Sam Taylor-Wood, artista concettuale,
fotografa e regista. Racconta di un dolore che diventa poesia, di
un figlio spezzato,di un ragazzo geniale che cerca e trova la
madre che lo ha abbandonato, di un amore intenso e bruciante,
filiale e materno, che scorre sulle note del rock (e di Elvis), di
una pellicola “femmina” tratta dal bel libro della sorellastra,
Julia Baird. |