da La Stampa (Lietta Tornabuoni) |
Un titolo italiano cattolico per un film danese di rigore protestante, molto bello e interpretato magnificamente, il pluripremiato Non desiderare la donna d'altri di Susanne Bier . Sono ammirevoli caratteristiche del cinema danese l'attenzione costante verso i grovigli e le ferite della famiglia intesa come origine e bersaglio di ogni repressione o frustrazione, l'interesse verso le conseguenze individuali e interiori della violenza del mondo; è anche parte della tradizione culturale e letteraria nordica. Dramma classico. Da Copenhagen, un militare di carriera dalla vita serena e quasi felice (bella moglie, belle bambine allegre, genitori intelligenti e ancora giovani più, purtroppo, un fratello minore caotico), parte per una missione ONU in Afghanistan. Il suo elicottero viene abbattuto. Lo credono morto. La disperazione della moglie viene alleviata dalla presenza affettuosa e devota del fratello del caduto che la aiuta con uno slancio che potrebbe essere amore. Ma il militare non è morto, è stato fatto prigioniero e costretto a commettere qualcosa di terribile e tragico. Torna a casa devastato, silenzioso: il suo rimorso, la vergogna, la rivalsa si accaniscono contro i famigliari, la violenza che ha dovuto infliggere e subire si rivolge contro i suoi. Non esiste guerra che non sia innanzi tutto una guerra contro se stessi, alla quale è impossibile sfuggire con la reticenza e la dimenticanza. Lars von Trier, il capofila dei cineasti danesi, ha da poco rinnegato «Dogma», il suo decalogo sulla realizzazione di film che era stato seguito con autopunitivo fervore da tanti registi. Anche senza la naturalezza e la povertà imperiose di «Dogma», il cinema nordico è asciutto, duro, profondo, carnale, a volte ineluttabile e straziante: Non desiderare la donna d'altri è l'esempio di uno stile straordinariamente nobile e feroce, arricchito dalla bravura degli attori (il protagonista Ulrich Thomsen s'era visto in Festen di Vinterberg e la protagonista Connie Nielsen nel Gladiatore di Ridley Scott). Qualche momento un po' meccanico della sceneggiatura non altera la semplice, appassionante drammaticità della vicenda. |
TORRESINO
- aprile 2005