Nell
di Michael Apted - USA 1994 - 1h 57'

  

Il cinema d'attori è un fenomeno tutto hollywoodiano in cui la maestria di regista e tecnici si pone al servizio di un interprete di rango per esaltarne le doti e il carisma. Con Nell il meccanismo diventa sfrontato perché la protagonista, Jodie Foster, è anche produttrice, la sua candidatura all'oscar è un gioco d'azzardo (riuscirà a conquistare una terza statuetta dopo Sotto accusa e Il silenzio degli innocenti?) e lo script, sulla base di un romanzo e di una rappresentazione teatrale di successo, è talmente saturo di valori da inibire ogni critica contenutistica.
Nello stupendo scenario di boschi, laghi e montagne del North Carolina si delinea il dramma di Nell, "ragazza selvaggia", traumatizzata nell'infanzia dalla perdita della sorella gemella, vissuta per anni in isolamento totale accanto ad una madre anziana e quasi muta. E' alla morte della vecchia che Nell viene "scoperta" da Jerome (il "buon" Liam Neeson di Schindler's List), medico condotto, il quale "se la prende in carico" per proteggerla dalla rieducazione coatta delle strutture sanitarie e dalla strumentalizzazione dei massmedia. Nell parla solo un linguaggio frammentato, si esprime con una gestualità altrettanto incomprensibile, ha paura degli uomini e della luce del giorno, di notte danza alla luce della luna e fa il bagno nuda nel lago, comunica fragilità, tenerezza, bisogno di aiuto... Accanto a Jerome opera Paula (Natasha Richardson), una dottoressa solo all'apparenza "scientificamente insensibile", che sorveglia tecnologicamente il caso per identificarlo come "da ricovero", ma che non può non lasciarsi coinvolgere dall'eccezionalità di Nell e dall'affettuosa familiarità che la lega ai suoi "dottori". Tanto che alla fine, dopo aver affiancato Jerome nel costruire una figura di coppia di riferimento per la giovane figlia-paziente, capisce che, se tra le necessità primarie di Nell si rivela fondamentale quella di non essere sradicata dall'ambiente che l'ha vista crescere, tra i propri bisogni c'è invece quello di lasciar libera espressione all'amore per Jerome e al desiderio di metter su famiglia. L'happy-end è immancabile. Basta un balzo in avanti di cinque anni per vedere i due felicemente sposati e Nell serenamente insediata nel suo "territorio", con la solidale fraternità dello sceriffo locale e consorte ed altri "umani" rappresentanti della provincia americana, semplici e cordiali: forse il futuro per Nell sta in un florido agriturismo...
Scusate il tono ironico e disincantato, ma la pratica (re)censoria non può cedere di fronte ai cliché della retorica, anche a costo di andare controcorrente, mentre Nell si sta rivelando un successo straordinario e la sala cinematografica si riempie di pubblico, di cuori "toccati" e di fazzoletti umidicci. Non si può certo non apprezzare, in un panorama cinematografico spesso umanamente arido e cinico, il richiamo esplicito a significati essenziali del vivere quali la solidarietà e il rispetto dei bisogni profondi della persona (guarda caso la sceneggiatura è stata affidata a William Nicholson, già cimentatosi con Viaggio in Inghilterra), ma troppo in Nell è lezioso e scontato: si ribadisce la grande incisività recitativa di Jodie Foster (anche in confronto al mieloso duetto di Neeson-Richardson) e la perfetta espressività fotografica di Dante Spinotti, ma la regia di Michael Apted non va oltre uno standardizzato professionismo (d'altronde i suoi film precedenti, Gorky Park e Gorilla nella nebbia, non promettevano granché). Così le emozioni sono prevedibili, le asprezze edulcorate, le enunciazioni "morali" di una pretenziosità incongruente: quando nella sala del tribunale il giudice si rivolge a Nell col paternalismo consono a qualsiasi ragazzata da periferia urbana, lei arriva a "trasformarsi" in un saggio guru dell'eremitaggio moderno ed a pontificare, con improvviso acume sociale, "Nell non soffre più di voi".

Se di questo abbiamo bisogno per riconciliarci con la riscoperta dei valori primari e con il risanamento dell'immagine come veicolo popolare, allora lasciateci rimpiangere Frank Capra, Truffaut e tanto cinema sinceramente emozionale. Pensando all'operazione commerciale di Foster e Apted ed alla prossima notte degli oscar, ci vien voglia di parafrasare una battuta di Nell "chi si prende (così) cura del prossimo (nel cinema), ha sempre un secondo fine".

e.l. La Difesa del Popolo 12/3/95