Verde
profumo di campagna irlandese in questo film sensibile e raffinato che ci
porta in viaggio premio in un piccolo villaggio dello Yorkshire, negli
anni '20. Usciti dai disastri fisici e psichici della guerra si incontrano
da quelle parti Birkin, restauratore che ha l'incarico di riportare alla
luce l'affresco della chiesetta, e Moon, cui spetta, da buon archeologo,
il non facile incarico di riscoprire una antica tomba. Tra reduci di
guerra e amanti del passato ci si intende, anche se le classi sociali sono
diverse e i desideri sessuali
non
convergono del tutto: infatti mente il primo si infatua, con grande
rispetto, della moglie del pastore del luogo, contrario al restauro, il
secondo, accarezzando la sua vena omosessuale, si invaghisce di Birkin,
abbandonato di fresco dalla moglie.
Non succede gran che, guardando dal di fuori: ma dentro gli animi
palpitano, le stagioni si mettono in mostra, le antichita tornano alla
luce, la gente del posto è cordiale, si può perfino far la predica in
chiesa la domenica. E intanto Birkin si accorge che quello che viene alla
luce sotto l'intonaco, una raffigurazione medioevale incompiuta
dell'Apocalisse, con un uomo che sta precipitando sullo sfondo, è forse un
capolavoro. E c'è anche qualcosa che lega l'affresco alla tomba ritrovata
da Moon, cosicché entrambi hanno risolto il loro mistero e ne hanno anche
iniziato, sottovoce, un altro. Poi Birkin tornerà dalla moglie, e Moon
resterà più di un mese, in campagna, tra le sue tombe.
Pat O'Connor, che fa parte della gente di Dublino che fa il cinema, ed ha
nel suo passato documentari, molto lavoro per la tv e due film, ha fatto
le cose di coscienza in grande:
Un
mese in campagna
è un piccolo grande film sui naufragi e gli arcobaleni, interiori, sulla
scoperta dell'amicizia, intriso di non casuali riferimenti alla vita e
tempestato di paillettes di ricordi e di rimpianti. Giocando a mezze tinte
sullo scarto tra la soprannaturalità dell'arte e l'inadeguatezza del
quotidiano, ma anche scegliendo un particolare e sofferto momento di
storia postbellica, il regista entra col film sotto pelle senza far
manierismi, lavora di fino con la complicità della natura magnificamente
fotografata da McMillan, sceglie di non far "scoppiare" la storia in "melò"
e lascia che i sentimenti più profondi, come quello che lega i due uomini,
parlino senza parole. Un racconto di campagna - scritto da Simon Gray con
i tempi di una novella - che ha stupendi colori naturali e in cui recitano
attori che rendono molto bene l'inesprimibile e vanno su e giù
dall'immortale al mortale senza fatica: si chiamano Colin Firth,
Kenneth Branagh e
Natascha Richardson, cui spetta il non semplice compito di chiudere questo
strano triangolo tra l'Uomo, l'Arte e l'Amore. |