Sulle
divine note di
Il flauto magico
l'irlandese
Kenneth Branagh ha imbastito, da meraviglioso uomo di
spettacolo qual è, un film incantevole e leggiadro, anche se ambientato
nel drammatico scenario del primo conflitto mondiale. Scelta sorprendente,
ma non lambiccata o intellettualistica. Ascoltando e riascoltando l'ultimo
capolavoro di Mozart (1791), il regista ha avvertito che quella musica ora
gaia, ora malinconica e grave, conteneva una profonda istanza di pace. E
così gli è parso naturale trasporre su un piano epico e collettivo il tema
del conflitto personale fra la Regina della Notte e Sarastro (un contrasto
già letto in chiave di crisi matrimoniale da Ingmar Bergman nel suo
splendido adattamento), che si contendono la custodia della dolce e
giovane Pamina. Pur tradotto in lingua inglese e blandamente attualizzato
da Stephen Fry, il libretto di Schikaneder è rimasto quello; e la messa in
scena si prende delle libertà che non risultano mai arbitrarie. Tamino (Joseph
Kaiser) è un soldato che combatte sul fronte (all'inizio lo vediamo
rischiare di venir colpito dal fuoco nemico, per cogliere un fiore, forse
una reminiscenza di All'Ovest niente di nuovo) e le tre dame che
gli salvano la vita sono vestite da infermiere. Ma, miracolo dei cinema,
quando il valoroso giovane vedendola in foto si innamora a prima vista di
Pamina (la giovane soprano Amy Carson), dalla cornice delle trincee
finiamo per un momento dentro un sogno a occhi aperti in bianco e nero: a
una grande festa dove lei e lui volteggiano inebriati come in un musical
americano degli anni '30. |
Alessandra Levantesi - La Stampa |
i giovedì del cinema invisibile TORRESINO ottobre-dicembre 2007