I cancelli di un austero, oscuro edificio vittoriano si chiudono dietro un'automobile in arrivo. A bordo, uno psichiatra affermato che sta prendendo servizio nel manicomio, sua moglie e suo figlio. In silenzio, la donna osserva il panorama e la casa che li ospiteranno, un silenzio perplesso per un matrimonio che appare piuttosto compassato. Si apre bene, sulle espressioni impenetrabili di Stella e sulla sua palpabile insofferenza, Follia, il film che lo scrittore Patrick Marber (autore della pièce da cui è stato tratto Closer, della sua sceneggiatura e di quella di Diario di uno scandalo) ha adattato dal romanzo più noto di Patrick McGrath e che il regista David Mackenzie ha diretto. E prosegue bene, nella scoperta graduale del manicomio, dei suoi medici e dei suoi pazienti, all'apparenza tranquilli, intenti al giardinaggio e alla falegnameria. Fino alla scena del ballo annuale, con il suo sottofondo di incubo, e fino al culmine della successione rapida di amplessi che riassume la follia amorosa che travolge Stella e l'uxoricida Edgar. Senza insistere sulla presenza destabilizzante dei pazienti, giocando piuttosto sull'atmosfera, Follia ci introduce in un universo in cui, evidentemente, non vale nulla quell'equilibrio "normale" che viene invece insistentemente mimato e riproposto dal personale del manicomio, tra tè alle cinque, serate allo sherry e una rispettabilità borghese che fa da schermo a insoddisfazioni e conflitti. Nessuno è sano là dentro, né chi arriva portando con sé le sue frustrazioni (Stella, suo marito, il loro matrimonio, la carriera di lui) né, tanto meno, chi ci vive (il dottor Cleave, non più io narrante come nel romanzo, ma certamente un burattinaio che manovra le vite che lo circondano). Oltre che sulla sceneggiatura (asciutta, scarna di parole, tutta giocata sull'interiorità) e sulla misura di una regia contenuta che non si abbandona a ghirigori ed eccessi decorativi, Follia poggia su due interpreti magnifici: Natasha Richardson, enigmatica, fragile e dura come sa essere sua madre (Vanessa Redgrave), e lan McKellen, la quintessenza dell'ambiguità nella parte di Cleave.. |
Emanuela Martini - Film TV |
i giovedì del cinema invisibile TORRESINO ottobre-dicembre 2007