Matrimoni e pregiudizi (Bride and Prejudice)
Gurinder Chadha - USA/Gran Bretagna 2004 - 1h 45'


sito ufficiale

da La Repubblica (Roberto Nepoti)

     Il cinema odierno è pieno di storie sulle difficoltà dell'amore interrazziale (incluso Un bacio appassionato di Ken Loach). La via scelta da Gurinder Chadha, la regista del fortunato Sognando Beckham, comporta un doppio meticciato. Da una parte il soggetto (riusciranno la bella indiana e il ricco americano a convolare, malgrado i pregiudizi dei relativi famigliari?); dall'altra la contaminazione fra l'estetica del musical hollywoodiano e quella, iperbolica e - agli occhi occidentali - un po' kitsch di Bollywood: abiti rutilanti, centinaia di danzatori e musicisti in scena, fontane zampillanti ecc. Non basta. Per insaporire ulteriormente il cocktail di culture, Gurinder ha pensato bene di mettere le mani nel classico "Orgoglio e pregiudizio" di Jane Austen, parafrasandone situazioni e personaggi. Così, Elizabeth Bennet diventa la fiera Lalita Bakshi, mentre Darcy è l'erede di una dinasty alberghiera di Los Angeles che arriva in India con l'amico Bingley, britannico di origine indiana. Seguiamo i maneggi per maritare quattro figlie della petulante mamma Bakshi, complicati da equivoci a catena e dalla passione della più piccola per un occidentale poco raccomandabile. Frattanto la compagnia viaggia da un continente all'altro - da Londra a Goa, da Bombay a Beverly Hills - inseguendo vari matrimoni: il che permette di punteggiare l'azione con una quantità industriale di sfarzosi numeri musicali (in uno dei quali compare anche la popstar Ashanti). Vano illudersi che il film esplori le divisioni in classe, e relativo declino, nel mondo globalizzato del presente, analogamente a ciò che Austen faceva in quello eurocentrico dei suoi tempi. Fedele alla formula "ingenua" del cinema di Bollywood, Matrimoni e pregiudizi se ne distingue solo nel carattere dell'eroina: non più remissiva e docile come vuole la tradizione, ma dotata di un'inedita autocoscienza femminista.

da Il Corriere della sera (Maurizio Porro)

     A Gurinder Chadha, regista anglo-indiana di Sognando Beckham, piace cambiare i posti a tavola, spostare i soprammobili, mettere in dubbio le sicurezze. Dopo aver fatto calciare le ragazze, questo suo festoso Matrimoni e pregiudizi (in italiano si perde il gioco di parole tra “Pride” e “Bride” da accoppiare a “Prejudice”) si ispira al capolavoro ottocentesco di Jane Austen (tendenza: poi arriva Mira Nair con La fiera delle vanità di Tackeray), col gusto di cambiargli segno, rendendolo «hindi», musicale e incrocio di razze (così restano anche un po' di pregiudizi). Si porta la storia delle quattro ragazze da marito di un'agitata famiglia di Bombay dall'inquieta madre, dall'Inghilterra vittoriana all'India d'oggi, in un'audace ma riuscita commistione tra la vecchia commedia di costume (Orgoglio e pregiudizio, ' 40, fu un classico Metro con Laurence Olivier e Greer Garson) e Bollywood. Un film vitale, multietnico e multigenere, in cui si balla e si canta con sinuosa eleganza (purtroppo si recita assai meno bene). Oltre ad indugiare sull'ombelico semovente di bellone, l'autrice affida ad Aishwarya Ray, Miss Mondo, il carattere fiero e ribelle di una giovane che vuole scegliersi marito e futuro. Scarta il macchiettistico e ricco promesso sposo caro alla madre e si prende, dopo i capricci edipici della futura suocera, il bel miliardario losangelino inespressivo ma proprietario di alberghi, mentre il suo miglior amico andrà alla sorellina. Sgargiante, luminoso, danzato, lasciando le nevrosi tra le quinte, cantato da mammone pop e figurini british, rispettoso dei piccoli razzismi - il comico sembra Peter Sellers, la gita della famiglia indiana a Londra è un po' Legnanesi, lo yankee è imbranato al gran ballo di Bombay - il film, profondamente frivolo, è farcito di colpi di scena romantici: è una bolla volante con colori e paesaggi, ma ha una tale sincera e contagiosa voglia di piacere che alla fine si accetta volentieri di partecipare al ballo.

TORRESINO - gennaio 2005