2005

Un lupo mannaro americano a Londra (An American Werewolf in London)
John Landis - USA 1981 - 1h 37'

miglior trucco

soggetto
sceneggiatura
fotografia
musica
montaggio
scenografia
costumi
trucco
effetti
produzione

John Landis
John Landis
Robert Paynter
Elmer Bernstein
Malcolm Campbell
Leslie Dilley
Deborah Nadoolman
Rick Backer
Martin Gutteridge, Garth Inns
George Folsey per la Lycanthrope Films Limited

Cast

David Naughton
Griffin Dunne
Jenny Agutter
Don Mckillop
Paul Kember
John Woodvine
Frank Oz

David Kessler
Jack Goodman
Alex Price
Ispettore Villiers
Sergente Mcmanus
Dr. Hirsch
Mr. Collins

  "Hai mai parlato ad un cadavere? E' una cosa schifosa"

da Espressione Giovani (Ezio Leoni)

     Con un titolo come Un lupo mannaro americano a Londra, più che mai esplicativo ma pure di subdola interconnessione nazionalistica (di questo parleremo poi), il quadro fotografico d'apertura, con l'immergersi nella piatta brughiera inglese tra le armonie di una accattivante Blue Moon, rivela subito l'approccio ironico di John Landis con la sua nuova fatica filmica dopo i successi di Animal House (78) e The Blues Brothers (80).
Al loro apparire i due amici protagonisti scendono da un ospitale furgone di pecore (!) ed il pastore augura loro un profetico e lugubre "in bocca al lupo". L'atmosfera resta serena mentre Jack e David si incamminano, parlando di ragazze, ma all'arrivo al pub de "L'agnello macellato" il clima si incupisce, gli avventori si trincerano dietro l'incomunicabilità e le minacce così che, quando i due riprendono il cammino nella notte (con la luna in cielo ormai piena), hanno un bel cantare a squarciagola un turistico Santa Lucia: la tragedia è lì tra le tenebre e la violenza rapida e sanguinolenta dell'uomo lupo lacera le viscere dei malcapitati. Jack ci lascia la pelle, David, con qualche graffio significativo, sembra solo psicologicamente turbato; però già in ospedale sogna scorribande ferine tra i boschi, si terrorizza con incubi di stragi zombie-militaresche di parenti e amici e ben presto comincia ad apparirgli lo spirito (molto "corposo") di Jack che gli prospetta l'odiosa verità sul futuro: David è stato contaminato dai denti e dalle zanne del mostro (poi ucciso) ed alla prima notte di luna piena ne farà propri, senza possibilità di scampo, le sembianze ed i truci appetiti.
Ed infatti il cupo destino piomba su di lui, non può farci niente neppure l'amore di Alex, la premurosa infermiera che ha conosciuto all'ospedale: mentre l'ora fatale si avvicina e la colonna sonora vomita un beffardo
Bad Moon Rising, il corpo di David si deforma animalescamente, si correda di peli ispidi, unghie e denti aguzzi, si trasforma (ancora Blue Moon) nel licantropo più orripilante e bavoso della storia dei cinema. E più devastante anche! Le vittime si accumulano con spietata disinvoltura e l'ultima notte a Londra di David-uomo lupo fa da "evento moralizzatore" tra i frequentatori di un locale cinematografico a luce rossa, punisce con drastica voracità l'ottuso investigare del capitano di Scotland Yard e provoca luttuosi incidenti a catena degni della routine dei recenti filoni catastrofici. La fine si consuma nel buio sordido di una "dead end street": Alex fa appena in tempo a sussurrargli un doloroso "ti amo", poi le raffiche della polizia spengono l'esistenza bruta di David e lasciano il suo corpo nudo e crivellato di colpi tra i rifiuti che ogni metropoli che si rispetti nasconde nelle sue viscere.
Nella disperazione della presa di coscienza della propria situazione David cita a Alex le analoghe esperienze di Lon Chaney jr. in
L'Uomo Lupo (George Waggner, 1940) e da quel film, nel proprio bagaglio di memoria, ricava le informazioni utili sui prossimi sviluppi del "caso". Tutto lo spazio storico della licantropia sembra racchiudersi nella rappresentazione cinematografica; non servono più i mitici testi di erudizione che accompagnavano gli "iniziati", da Dracula il vampiro a Rosemary's Baby, così come lo spazio conoscitivo contemporaneo è scettico a valicare i confini della cultura dei piccolo schermo ("se un mostro si aggirasse nell'Inghilterra del nord lo vedremmo in televisione"). La rilettura del tema dell'uomo lupo diventa più che mai, per Landis, una rivisitazione del genere in chiave unidimensionalmente cinematografica, badando a competere in effetti scenici ed in sconvolgimenti emozionali, oltre che in digressioni narrative di prosa e di psicologia. La progressiva decomposizione di Jack nelle sue successive apparizioni è di una truculenza calligrafica e la deformazione della struttura corporea di David è costruita con tale precisione evolutiva da prendere un po' la mano al regista, che la immortala con qualche fotogramma di troppo.
Ma i rinnovamenti sul piano stilistico-emozionale non si fermano agli shock brutalizzanti e sanguigni dell'incubo nell'incubo e penetrano con malinconia ironica e sconcertante nel tessuto caratteriale dei personaggi tipo: lo zombie, che protesta gentilmente per la propria condizione ("hai mai parlato ad un cadavere?... è una cosa schifosa") o che annusa con dolcezza un fiore, resta forse la pennellata più suggestiva, mentre David, che anche verso l'apice della tragedia sembra aver voglia di burlarsi di se stesso e degli altri (pubblico compreso), concede poco alla tenerezza dell'essere umano colpito da un fatto crudele, preferisce la farsa (la spassosissima sequenza nel parco) al dramma totale, si chiude in cabina telefonica per filtrare il più possibile la commozione della propria disperazione e, disposto all'apatia piuttosto che al suicidio, si attarda in un locale cinematografico (a luce rossa) finché la "maledizione" non lo colpisce di nuovo.
Maestro del cinema dell'eccesso Landis conduce il suo licantropo-cinefilo ad una versione metalinguista del monito sociale di
Lo squalo (Spielberg, 1975). In quel film era la bestia del mare e delle spiagge (luogo "solare") che simboleggiava le angosce dell'inconscio collettivo americano. Ora invece il lupo mannaro nelle notti "lunari" sembra esprimere le paure coscienti del contrasto cine-culturale tra vecchio e nuovo mondo. Nella gelida brughiera Jack e David, guardando in macchina, recitano un laconico "credo che sia davanti a noi" e la cinepresa diventa di fatto il mostro pronto a colpire, bramoso non tanto di sangue quanto di spettacolo. Il cinema americano a Londra (o meglio in tutta Europa, con la fobia subculturale verso I predatori dell'arca perduta) vuole mostrare "prodigi" e riceve diffidenza quale lo Yankee al castello di Re Artù che Alex legge a David, fa piazza pulita degli spettatori degeneri delle luci rosse, risveglia i sentimenti romantici delle ragazze britanniche, richiama una folla curiosa ed ingorda di emozioni, si fa voler bene in fondo un po' da tutti, forse anche perché insinua nel pubblico più disposto all'analisi lo stesso dubbio critico (verso il cinema USA) che sgorga dalle labbra di Alex: "non so se in te mi piace di più la tua fantasia o il fatto che sei terribilmente attraente".



John Landis
filmografia

TORRESINO ottobre-dicembre 2005