Passati i 90, la saggezza è un
obbligo. Vedere per credere questo piccolo capolavoro illuminista
di eleganza e di ironia che è
La lettera,
girato dal 92enne patriarca portoghese
Manoel de Oliveira
e
premiato lanno scorso a Cannes prima che il regista si
mettesse a girare a Parigi ben due nuovi film. E fa piacere che
ci sia un pubblico pronto a godersi questa lezione aggiornata di
morale del piacere (negato). Prendendo spunto e attualizzando
nella Parigi di oggi la Principessa di Clèves, del 1678,
di M.me de La Fayette, non nuova al cinema (ci pensò nel 61
Delannoy con la Vlady e sceneggiatura di Cocteau), Oliveira ne fa
una rilettura a metà tra il razionalismo di Rohmer e il cinismo
di Buñuel, specchiando nei chiari occhi della giovane figlia di
Mastroianni il disamore sadomasochista della rinuncia. È lei la
casta signora che, sposata senzamore a un marito banale, sinfiamma
per una mediocre star del rock, che è Pedro Abrunhosa nel ruolo
di se stesso, ma ci rinuncia dopo la morte del marito e parte per
il volontariato. Va anche lei «fuori dal mondo», come lamica
monaca cui confida le sue pene con una lettera, in un finale di
magistrale bellezza visiva e sonora. Dentro questa mancata «belle
de jour» ci sono, nella rilettura del regista che vivisezionò
splendidamente Madame Bovary, le nevrosi della borghesia
per le faccende di sesso. E, ai limiti del grottesco, nelle
aggrottate sopracciglia di Françoise Fabian, nei chiostri
silenziosi, nello stupore della Mastroianni signora borghese di
Clèves alle prese con le sorprese esistenziali e mistiche dellamore,
lautore trova un tipo di sotterranea comicità che fa da
rete di protezione alla catena degli avvenimenti, allinsensatezza
del cuore, trovando spiegazione solo nel darsi poi agli altri,
come accadeva alle ultime, infelici eroine buñueliane. |
Mademoiselle de Chartres,
diventata moglie di Clèves, confida alla sua amica suora: "Possiamo
controllare i nostri sentimenti, non evitarli". Per lei,
che ha lelegante presenza-assenza di Chiara Mastroianni,
solo la fuga in Africa, in una zona di guerra - come racconta in
una lunga lettera - è la certezza di stare al sicuro dallunico
e vero amore della sua vita, il cantante Pedro Abrunhosa.
Passione, stabilità affettiva, stima, consenso, reputazione
scuotono le rigide e raggelate sicurezze di un mondo
aristocratico descritto con mano leggera da Madame de La Fayette
nel 1678, nel suo romanzo La principessa di Clèves.
Questo testo letterario radicato nelleconomia sentimentale
del XVII secolo, viene riletto, in modo magnifico, dal
novantaduenne Manoel de Oliveira, uno dei pochi autori in attività
il cui talento non è sfocato dalletà. Il regista
portoghese sposta questa storia, di un amore inattuabile e senza
domani ai nostri gironi, ma cancella molti riferimenti
contemporanei. Le case lussuose, il convento, le stanze della
musica hanno il fascino di spazi dell'anima senza tempo. Un film
di parole e di emozioni, limpido e straziante. |