Les amants
réguliers |
LEONE D'ARGENTO
per la miglior regia OSELLA per la migliore fotografia a WILLIAM LUBTCHNSKY |
da La Stampa (Lietta Tornabuoni) |
È molto bello il nuovo film in concorso, in bianconero, di Philippe Garrel, con Louis Garrel (figlio del regista, interprete per Bernardo Bertolucci di The Dreamers) e Clotilde Hesme: Les amants réguliers (Gli amanti regolari). Con grande intensità, precisione, eleganza evocativa, Garrel ricostruisce fatti e umori, idee e amori del 1969 a Parigi, recuperando insieme l'adolescenza e le passioni di quel passato senza il minimo errore, senza alcuna goffaggine né cattivo gusto: perfetto. Scontri con la polizia, strade disselciate, razzi, bottiglie molotov, fumo, incendi, bandiere bruciate, corse in fuga, cariche, sbarramenti costruiti con le auto rovesciate, evasioni sui tetti, ritorni a casa all'alba, speranze fucilate. Discorsi d'epoca: «Vorrei essere un imbianchino, cioè un vero pittore; e restare sconosciuto, anonimo»; «Se pubblicassi le mie poesie, mi sentirei un traditore»; «L'organizzazione è per le pecore, vogliamo l'anarchia»; «I sindacati sono lenti, temono la rivoluzione più dei borghesi». Quando tutto è consumato o quasi, tra un poeta ragazzo e una ragazza scultrice nasce un bellissimo amore fatto anche di amicizia, solidarietà, allegria, scoperte. E di droga leggera, naturalmente: il film quasi non è cominciato che gli interpreti sono già lì con le pipe di hascisc. Poi lei va a cercare fortuna a New York, lui disperato muore: anche l'amore è finito insieme con la vita. |
da L'Unità (Alberto Crespi) |
Parigi,
1968: torna sugli schermi «le joli mai» ma non è più tanto «joli».
Anzi. Les
amants réguliers
di Philippe Garrel (in concorso) sembra un canto di morte alla memoria
dei giovani che sognarono in quei giorni la rivoluzione e poi pagarono
sulla propria pelle la colpa di «aver chiesto l'impossibile». Il film
dura tre ore, è in bianco e nero, è girato nello stile al tempo stesso
rigoroso e anarchico di Garrel (rigoroso nella perfezione delle inquadrature,
illuminate da quel genio di William Lubtchansky, abituale collaboratore
di Godard, anarchico nella progressione della storia). Il protagonista
è Louis Garrel, figlio del regista, e la sua presenza «fa» tanto Bertolucci,
visto che era uno dei tre ragazzi di
The Dreamers
(sempre Parigi, sempre 1968). L’omaggio, del resto, è esplicito: nel
film Clotilde Hesme, la protagonista femminile, chiede ai suoi amici
se hanno visto Prima della rivoluzione
e poi, guardando in macchina (e quindi rivolgendosi a noi spettatori),
mormora estatica "Bernardo Bertolucci", con tutte
le «erre» mosce di prammatica... Un ritratto d’ambiente ironico,dolente
e un po’ noioso. Il film è diviso in tre grandi capitoli e solo il
primo
riguarda
in modo diretto il ‘68, la militanza, le barricate. È li che nasce
l’amore fra i protagonisti, lui poeta squattrinato. lei aspirante
scultrice. Nella seconda e nella terza ora di proiezione i due bivaccano,
assieme ad altri ragazzi, nella magione di un amico che ha fatto la
rivoluzione - parole sue - ereditando un bel po’ di franchi dai genitori.
Tra interminabili fumate ed estenuanti discussioni, la storia d’amore
procede finché la ragazza non decide di seguire a New York un affermato
pittore che le ha promesso di lanciarla nel mondo dell’arte. Il giovane
sprofonda nella solitudine e medita il suicidio: la malinconia e il
senso incombente della fine coprono la memoria della ribellione. |
da Film Tv (Aldo Fittante) |
Tre ore
di ‘68 attraverso il ‘69, e il seguito-integrazione ideale di
The Dreamers
di Bernardo Bertolucci (da cui ha ereditato molta
|
da La Repubblica (Natalia Aspesi) |
Il
regista e il film più esotici della 62esima Mostra del Cinema non vengono
dalla Corea o dalla Cina, ma dalla Francia: lui è Philippe Garrel. che con
i suoi lunghi ricciuti capelli grigi e lo sguardo languido è l’immagine
impolverata di un tempo che sembra non essere mai esistito. il suo film è
Les
amants reguliers,
e in tanti si era pronti a piantarlo li a metà, non tanto per i suoi 178
minuti quanto perché a chi gliene importa più del sepolto, dimenticato,
antidiluviano ’68 vìsto da uno che l’ha vissuto, soprattutto dopo
The Dreamers
di Bernardo Bertolucci? In più Garrel è un regista fuori moda, perché era
ed è rimasto povero in un epoca in cui la povertà, tanto temuta, è segno
di fallimento. Il suo film è costato meno dl uno spot, un milione e mezzo
dl euro, e per risparmiare all’osso ha anche preso come attori il padre
Maunce e il figlio Louis (bello, protagonista di Dreamers) a paga
da elemosina. Il suo linguaggio nelle interviste pare antico come il
sanscrìto: parla di classe operaia, di borghesia, di rivoluzione come se,
arrivato ventenne allo storico Maggio parigino, li si fosse installato tra
pavé disselciato e cariche della polizia, rifiutando di guardare oltre la
sua giovinezza, il mondo che cambiava, invecchiava, regrediva. |
da Il Mattino (Valerio Caprara) |
Les amants réguliers, quasi una risposta parigina e snobistica al film di Bertolucci sui ribelli del Sessantotto e dintorni, avrebbe dovuto confermare il credito spropositato di cui gode Philippe Garrel, discepolo di Godard e Truffaut nonché ex esponente della cultura psichedelica con la sua musa Nico (sette film insieme) dei Velvet Underground. Alla prova dello schermo la storia/non storia di due amanti partoriti dalla mistica gruppettara sesso, droga e rock and roll si è rivelata, invece, un indigeribile polpettone che, con la scusa di rievocare i sogni del maggio francese, mette a bagnomaria tutti i mitici canoni della Nouvelle Vague. Lungaggini insopportabili, metafore inconcludenti e dialoghi strimpellati finiscono col rendere omaggio all'unica «insurrezione» ancora ipotizzabile, quella del pubblico nel corso della proiezione. |
TORRESINO
- ottobre 2005 -
PRIMA VISIONE