Spesso i film di
Bertrand Tavernier
hanno testimoniato una passione per la
storia nazionale. Con
Laissez-passer il regista ci racconta
un capitolo della storia del cinema francese che il cinema, finora, aveva
praticamente ignorato. A Parigi, nel 1942, i film sono realizzati sotto
l'etichetta della Continental, casa di produzione allestita dai tedeschi e
diretta dal dottor Greven. Al centro del racconto spiccano due "caratteri"
diversi e complementari. L'uno è lo sceneggiatore Jean Aurenche (che poi
scriverà film per lo stesso Tavernier), sottaniere impenitente ma anche uomo di
solidi principi, il quale rifiuta di cedere la propria penna agli occupanti.
L'altro, il vero protagonista, è l'aiuto-regista e scenografo Jean Devaivre, che
invece si piegò al collaborazionismo ma in realtà era entrato per calcolo alla
Continental, contando di mascherare meglio la propria attività nella Resistenza.
Intorno ai due gravita un centinaio di ruoli minori, sapientemente orchestrati:
Tavernier non ha perduto la capacità di mettere in scena milieu fitti di
personaggi dando, con l'aiuto di piccoli tocchi d'osservazione precisi ed
efficaci, a ciascuno il suo. Via via, lo spettatore si rende conto che sotto la
Continental non furono prodotti soltanto film di propaganda o di pura evasione,
ma anche opere ambigue e corrosive, alcune delle quali fecero arrabbiare
Goebbels. La sceneggiatura è basata su fatti reali; i nomi dei personaggi
principali e di quelli di contorno (Jean-Paul Le Chanois, Maurice Tourneur,
Charles Spaak, André Cayatte, Claude Autant-Lara, il grande attore Michel Simon,
che si vede solo di spalle) si possono trovare nei dizionari di cinema. Però
Laissez-passer è soprattutto un film-romanzo: perché, come recita una battuta,
"c'è chi fabbrica pane e chi fabbrica storie" e Tavernier sa bene qual è
il proprio compito. Nell'entusiasmo per il tema, magari, si è preso qualche
libertà romanzando i fatti, aggiungendovi un'intonazione lirica qui (la lunga,
bella sequenza del viaggio in bicicletta di Jean), una situazione umoristica là
(l'incontro farsesco tra il protagonista e i servizi segreti inglesi). E ha
centrato l'obiettivo, perché il risultato è uno spettacolo rivolto al pubblico
più vasto, che può benissimo goderselo anche se le referenze citate sopra non
gli dicono nulla. |