Kissing Jessica Stein |
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da Duel (Raffaele Giancristofaro)
Cosa spinge una donna single a rispondere a un annuncio per cuori solitari scritto da un'altra donna? Perché le donne sono più agevolate nell'esplorare relazioni omosessuali, e come le affrontano? Se lo sono chiesto Jennifer Westfeldt e Heather Juergensen (Jessica ed Helen, nel film), attrici off off Broadway con molta gavetta televisiva alle spalle, mentre scrivevano una serie di sketch da portare a teatro. Poco a poco, dall'idea iniziale si é sviluppata una storia che mette in discussione i tabù e i preconcetti della borghesia (non solo ebraica) newyorkese. E la Fox ne ha comprato subito i diritti. É sempre più raro imbattersi in una commedia brillante che si meriti davvero questo titolo (che almeno ricordi l'anarchica vivace sessualità di Blake Edwards) e Kissing Jessica Stein fa parte di questo ristrettissimo numero. Perché, nonostante i tanti elementi "alleniani" (comicità ebraica, ambientazione upper class newyorkese, rimandi letterari e metacinematografici), si avverte il peso di sceneggiatura, regia, recitazione. Indubbiamente l'influenza di Allen, come dell'Edward Burns di Tentazioni d'amore, si fa sentire (ma non delle sorelle Ephron, per fortuna). Ma qui é una fortunata coincidenza di scrittura (brillante, appunto) e recitazione a fare di più. Il film, si diceva, é lo sviluppo di quattro anni di perfezionamento di un'idea pensata per il cabaret: alcune situazioni tipo all'interno dei rapporti interpersonali, tra cui «due donne etero vestite alla Laura Ashley si domandano come si diventa lesbiche». Uno spunto ricco di opportunità, se si considera che Jessica Stein é ebrea osservante, con una madre perfetta e organizzata che le combina appuntamenti conuomini. E che ciò che fa scattare la curiosità di rispondere a un annuncio per cuori solitari nella sezione femminile é una citazione da Rilke, studiata a tavolino dalla gallerista Helen con la complicità di una coppia di amici gay. Segue un vero e proprio scandaglio della natura (comunque) complicata dell'amore, "a danno" di parenti, amici e forse aspiranti amanti. Un film sorprendente, come ritrovarsi a una festa in cui qualcuno ti fulmina con lo sguardo, e tu per timidezza non riesci ad avvicinarlo. Con un finale non scontato, che corteggia i personaggi e si ricorda che NY non é solo interni ovattati e trendy, ma una città piena di colore: non a caso si inizia in una sinagoga e si finisce a un tavolino di un bar all'aperto. Con piglio da cinema indipendente: produce Eden Wurmfeld, sorella del regista e già produttrice di Swingers. Emule della coppia Affleck/Damon, le due protagoniste si muovono con singolare scioltezza, regalando una performance elegante, sofisticata come un'interpretazione di Ute Lemper, seduttiva come un inciso di Barry White, classica come un assolo di Ella Fitzgerald. Soprattutto, Kissing Jessica Stein ha il pregio di non essere consolatorio, né pensato per un pubblico di nicchia, in cerca solo di identificazione e happy end: un punto fermo per riflettere sui limiti del cosiddetto cinema gay e delle infinite, imperscrutabili, possibilità dell'attrazione.
TORRESINO - ottobre 2002