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Costruito soprattutto con i metri di pellicola
avanzati dalle "puntate precedenti",
Sulle orme della pantera
rosa opera l'ennesimo trucco del cinema-cínema e ci ripropone
la maschera di Sellers-Clouseau ad un anno dalla scomparsa del multiforme
attore: le solite incredibili gag pacchianamente arruffate (il negozio
di travestimenti, la devastante "linea telefonica") o raffinate
nel loro incedere cinefilo (la I'm dancin in the rice sull'uscio
di casa) lasciano poi il posto ad un'insulsa indagine condotta da una giornalista
(Joanna Lumley) sulle tracce di Clouseau, stranamente scomparso. Ritornano
così i personaggi classici del ciclo Pínk Panter:
- l'allucinato ispettore Dreyfus (Herbert Lom), il servo cinese (Burt Kwonk)
e pure David Niven e Capucine, gli originari Sir Charles Lytton e Simone,
della cui elegante partecipazione si era goduto solo nel primo, impeccabile
La pantera rosa.
E c'è, infine, l'occasione di divagare tra le "tappe evolutive"
di Mr. Clouseau (data di nascita 8 settembre 1920!) con Luca Mezzofanti
(Clouseau bambino), Daniel Peacock (Clouseau diciottenne) e concedendoci
pure l'apparizione di Clouseau Senior per l'interpretazione di Richard
Mulligan.
Chiaro che il tutto non ha pretese di tenuta né come trama né
come valore intrinseco dei frammenti recuperati, anzi quando già
si crede deposta l'ultima parola dello sconclusionato ispettore ("sporcascione"),
le immagini e i suoni riprendono, in parallelo ai titoli di coda, con alcune
classiche sequenze dei film passati: solo da queste possono uscire le ultime
vere parole di Clouseau "tutto è bene quel che finisce bene".
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Non deve sembrare strano il dedicare spazio ad
un filmetto come Sulle orme della pantera rosa proprio perché
il trovarsi di fronte questo 27° film di Edwards può dare, ad
esempio, lo spunto per un discorso sul modello seriale, sulle sue fortune
e disgrazie. Il personaggio dell'ispettore Clouseau trova il diritto di
esistere proprio nel suo petulante ripetersi su una fisionomia resasi definitiva
nella ricercatissima opera di partenza
(La
pantera rosa, 64) e poi iterata in vezzi
secondari ma subordinati ad un furbesco gioco cinefilo e commerciale, etichettato
quasi più dal sinuoso cartoon di Richard Williams (sottofondo musicale
del solito Henry Mancini) che dallo stralunato baffo di Sellers. Con La
pantera rosa Edwards volle (come ebbe
a dichiarare in seguito) "perdersi in una sorta di frivolezza sofisticata
ed utilizzare insieme un elemento usato in maniera alquanto superficiale
in precedenza, lo slapstick". Ed è nell'incontro-scontro
di questi due termini che il regista estrapola il proprio ricomporre la
sophisticated comedy (già meravigliosamente operato in
Colazione
da Tiffany, 61), stimolato qui dalla presenza
di Peter Sellers che osò forse fondere in Clouseau i contrapposti
topois di Laurel e Hardy: il disagio un po' timido e un po' imbelle (ma
con un pizzico di megalomania) dell'uno, l'impulsiva e catastrofica intraprendenza
dell'altro. Il fortunato personaggio ritornò "accidentalmente"
(inserito a forza in un soggetto di struttura autonoma) l'anno successivo
con Uno sparo nel buio
e se molte delle finezze originarie andarono perdute, la forza del germoglio
seriale, l'indipendenza vitale delle gag, il caotico risolversi delle situazioni
tramite un nuovo, assurdo percorso investigativo (l'idiozia e il caso come
unici antagonisti al macchiavellismo dei delitti) concessero a Clouseau
ed alla pantera rosa una ancor maggiore simpatia popolare.
La linea commerciale della serialità (era stato persino tentato
un L'infallibile ispettore Clouseau
con Alain Arkin per la regia di Bud Yorkin) e quella ancor più comoda
di un "personaggio" già di per sé soggetto cinernatografico
assoluto, e quindi disponibile a qualsiasi nuova assurdità narrativa,
portò la coppia Edwards-Sellers al trittico La
pantera rosa colpisce ancora, La
pantera rosa sfida l'ispettore Clouseau,
La vendetta della pantera rosa
(75, 76, 78). Il livello, rispetto all'accoppiata di partenza, è
decisamente mediocre e Clouseau è ridotto ad una caricatura di se
stesso, ricostruito sul modello delle strip dei fumetti, quindi ancor più
essenzialmente seriale, disarticolato dalla composizione globale della
trama, attento a fornire continui riferimenti canonici (cioè legati
al mondo dei cinema, di quello di Edwards della pantera rosa in
particolare) piuttosto che a congegnare una trama credibile.
D'altronde proprio la credibilità è ciò che è
messo al bando dal film e dal personaggio dell'ispettore, a dimostrazione
di come il mezzo cinematografico possa rigenerarsi basandosi soltanto su
forme-contenuti rituali, arrivando con questo
Sulle orme della pantera
rosa a vivere di se medesimo, non solo del proprio "ri-farsi"
ma pure dell'ancor più semplicistico "ri-guardarsi": sempre
che a plasmare l'animo e le cadenze dell'incontenibile Clouseau sia quel
funambolo recitativo che risponde al nome di Peter Sellers (a cui il film
è dedicato).
ezio leoni -
Espressione
Giovani settembre-ottobre1983
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