Sulle orme della pantera rosa (Trial of the Pink Panter)
Blake Edwards - USA 1982 - 1h 37'

  "A Peter, il solo vero ispettore Clouseau"

  • Costruito soprattutto con i metri di pellicola avanzati dalle "puntate precedenti", Sulle orme della pantera rosa opera l'ennesimo trucco del cinema-cínema e ci ripropone la maschera di Sellers-Clouseau ad un anno dalla scomparsa del multiforme attore: le solite incredibili gag pacchianamente arruffate (il negozio di travestimenti, la devastante "linea telefonica") o raffinate nel loro incedere cinefilo (la I'm dancin in the rice sull'uscio di casa) lasciano poi il posto ad un'insulsa indagine condotta da una giornalista (Joanna Lumley) sulle tracce di Clouseau, stranamente scomparso. Ritornano così i personaggi classici del ciclo Pínk Panter: - l'allucinato ispettore Dreyfus (Herbert Lom), il servo cinese (Burt Kwonk) e pure David Niven e Capucine, gli originari Sir Charles Lytton e Simone, della cui elegante partecipazione si era goduto solo nel primo, impeccabile La pantera rosa. E c'è, infine, l'occasione di divagare tra le "tappe evolutive" di Mr. Clouseau (data di nascita 8 settembre 1920!) con Luca Mezzofanti (Clouseau bambino), Daniel Peacock (Clouseau diciottenne) e concedendoci pure l'apparizione di Clouseau Senior per l'interpretazione di Richard Mulligan.
    Chiaro che il tutto non ha pretese di tenuta né come trama né come valore intrinseco dei frammenti recuperati, anzi quando già si crede deposta l'ultima parola dello sconclusionato ispettore ("sporcascione"), le immagini e i suoni riprendono, in parallelo ai titoli di coda, con alcune classiche sequenze dei film passati: solo da queste possono uscire le ultime vere parole di Clouseau "tutto è bene quel che finisce bene".

 Non deve sembrare strano il dedicare spazio ad un filmetto come Sulle orme della pantera rosa proprio perché il trovarsi di fronte questo 27° film di Edwards può dare, ad esempio, lo spunto per un discorso sul modello seriale, sulle sue fortune e disgrazie. Il personaggio dell'ispettore Clouseau trova il diritto di esistere proprio nel suo petulante ripetersi su una fisionomia resasi definitiva nella ricercatissima opera di partenza (La pantera rosa, 64) e poi iterata in vezzi secondari ma subordinati ad un furbesco gioco cinefilo e commerciale, etichettato quasi più dal sinuoso cartoon di Richard Williams (sottofondo musicale del solito Henry Mancini) che dallo stralunato baffo di Sellers. Con La pantera rosa Edwards volle (come ebbe a dichiarare in seguito) "perdersi in una sorta di frivolezza sofisticata ed utilizzare insieme un elemento usato in maniera alquanto superficiale in precedenza, lo slapstick". Ed è nell'incontro-scontro di questi due termini che il regista estrapola il proprio ricomporre la sophisticated comedy (già meravigliosamente operato in Colazione da Tiffany, 61), stimolato qui dalla presenza di Peter Sellers che osò forse fondere in Clouseau i contrapposti topois di Laurel e Hardy: il disagio un po' timido e un po' imbelle (ma con un pizzico di megalomania) dell'uno, l'impulsiva e catastrofica intraprendenza dell'altro. Il fortunato personaggio ritornò "accidentalmente" (inserito a forza in un soggetto di struttura autonoma) l'anno successivo con Uno sparo nel buio e se molte delle finezze originarie andarono perdute, la forza del germoglio seriale, l'indipendenza vitale delle gag, il caotico risolversi delle situazioni tramite un nuovo, assurdo percorso investigativo (l'idiozia e il caso come unici antagonisti al macchiavellismo dei delitti) concessero a Clouseau ed alla pantera rosa una ancor maggiore simpatia popolare.
La linea commerciale della serialità (era stato persino tentato un
L'infallibile ispettore Clouseau con Alain Arkin per la regia di Bud Yorkin) e quella ancor più comoda di un "personaggio" già di per sé soggetto cinernatografico assoluto, e quindi disponibile a qualsiasi nuova assurdità narrativa, portò la coppia Edwards-Sellers al trittico La pantera rosa colpisce ancora, La pantera rosa sfida l'ispettore Clouseau, La vendetta della pantera rosa (75, 76, 78). Il livello, rispetto all'accoppiata di partenza, è decisamente mediocre e Clouseau è ridotto ad una caricatura di se stesso, ricostruito sul modello delle strip dei fumetti, quindi ancor più essenzialmente seriale, disarticolato dalla composizione globale della trama, attento a fornire continui riferimenti canonici (cioè legati al mondo dei cinema, di quello di Edwards della pantera rosa in particolare) piuttosto che a congegnare una trama credibile.
D'altronde proprio la credibilità è ciò che è messo al bando dal film e dal personaggio dell'ispettore, a dimostrazione di come il mezzo cinematografico possa rigenerarsi basandosi soltanto su forme-contenuti rituali, arrivando con questo
Sulle orme della pantera rosa a vivere di se medesimo, non solo del proprio "ri-farsi" ma pure dell'ancor più semplicistico "ri-guardarsi": sempre che a plasmare l'animo e le cadenze dell'incontenibile Clouseau sia quel funambolo recitativo che risponde al nome di Peter Sellers (a cui il film è dedicato).

ezio leoni - Espressione Giovani settembre-ottobre1983

   

      Aprendo nel 64, con La pantera rosa, la saga del bizzarro ispettore Clouseau, Blake Edwards esibisce, nella goffa esasperazione delle caratterizzazioni e nel riciclarsi dei luoghi comuni, un curioso caso di serialità pseudo-artistica e di riscontro commerciale. Ne deriva che se "l'era della pantera rosa" tiene un suo piccolo variegato (in apprezzamenti e critiche) spazio nella storia del cinema americano, costituisce nell'iter del regista un momento fin troppo forte di caratterizzazione autoriale che, trascurando il progressivo crescere del suo talento, lo lega al clichet di regista "leggero" che si barcamena tra strampalati eccessi di irrisione totale (Hollywood party, 68) ed incomprese divagazioni soft (la musícal comedy di Operazione Crepes Suzette, 70) con rivisitazioni più (La grande corsa, 65) o meno (Il seme del tamarindo, 74) riuscite di generi standardizzati: tutto in una rilettura personalizzata essenzialmente dal valore professionale dell'artigianato filmico piuttosto che dal costrutto globale di author. Solo di recente con 10, S.O.B., e Victor Victoria (rispettivamente 79, 81, 82) Edwards ha permesso il delinearsi di un verace profilo di regista maturo, attento al sexy-glamour dell'estetica femminile (Bo Derek!), alla caoticità raffigurativa ed interiore della high-society hollywoodiana (l'acidità satirica mischiata all'ilarità vacua in S.O.B.), all'incanto, ora malizioso ora ingenuo, del plurisfaccettato, splendido spettacolo di Victor Victoria.

e.l. Espressione Giovani settembre-ottobre1983