Parte
da un fatto di cronaca (l'omicidio di Domenico Semeraro, detto "il nano di
Termini", avvenuto a Roma nel 1990) ma subito prende direzioni
iperrealistiche la quarta bellissima prova nel lungometraggio di Matteo
Garrone
, giustamente assai apprezzata a Cannes 2002 alla "Quinzaine". Se
in
Terra di mezzo,
Ospiti
ed
Estate romana
le storie erano, innanzitutto, questioni di geografia, di urbanistica
applicata ai confini territorialmente e sociologicamente di frontiera, ne
L'imbalsamatore
Garrone si inoltra nelle strade perdute della psiche, nelle contaminazioni
chimiche di tre personaggi così lontani e così diversi tra loro da
tracciare percorsi dentro gli spazi e nelle distanze creati
dall'impossibilità di essere normali. Non a caso l'ambientazione galleggia
nello spettrale Villaggio Coppola del litorale casertano: una specie di
"incubo inurbano", dove l'architettura é un optional e gli uomini ombre
stagliate all'orizzonte. Più che David Lynch (il riferimento oggi più
facile e immediato), ritornano in mente Fassbinder e i suoi ambigui
dolori. Quei dolori, quegli scarti, quell'ovvia incomprensione che
impediscono a un uomo troppo piccolo, a un giovane troppo alto e a una
ragazza con la bocca rifatta di interagire, di parlarsi e di vivere se non
in forma di violenza.
|
...Perché
anche noi, nei momenti peggiori, abbiamo conosciuto la spaventosa
solitudine di Caino. E per questo proviamo compassione per il nano
imbalsamatore e per il suo bellissimo assistente che tanti anni fa
occuparono Le pagine delLa cronaca nera e oggi sono perso-naggi di un
magnifico film di Matteo Garrone. Quel nano e come il minotauro della
leggenda greca: un mostro chiuso in un labirinto, e il labirinto e
trappola mortale, ma e anche tecnica di seduzione, corteggiamento,
desiderio.
Ogni creatura ha bisogno di baci e abbracci, c'e chi li ha in dono e chi
deve procacciarseli con un'astuzia e una violenza che sono figlie della
disperazione. Il nano, a cui da anima e corpo lo straordinario Ernesto
Mahieux, l'attore più potente e poetico che abbia ammirato da lungo tempo,
fila e tesse la sua ragnatela erotica utilizzando tutto quello che ha a
disposizione, e da quasi nulla, solo la bava sottile che gli esce dal
cuore affamato. Sa essere simpatico, seduttivo, aspro, esigente, generoso,
feroce, riesce ad apparire persino affascinante, lui che e uno scherzo
deforme della natura, e cosi, quasi senza accorgersene, la farfalla cade
in quella rete invisibile e raccapricciante.
Per una notte la bella cede alla bestia, l'angelo dell'innocen-za si fa
possedere dal povero diavolo. Poi tutto tracolla: l'amore dato viene
ripreso, l'angelo vuole volare via e il mostro deve tornare a vivere da
solo nel suo angoscioso labirinto. Quel nodo d'amore deve essere sciolto e
non ci sono mani capaci di tanto, solo un col-tello può separare il filo
d'oro dal filo nero, la felicita dall'infelicità, la grazia dalla
mostruosità. E quando l'imbalsamatore viene ucciso ci tornano in mente
quei versi di Fabrizio De Andrè: «Un nano e una carogna di sicuro,
perché ha il cuore troppo troppo vicino al buco del culo», e pensiamo
che non e vero, perché in ogni centimetro della natura c'e l'identica
quantità d'amore e di sofferenza. |