Un gelido inverno - Winter's Bone
Debra Granik -
USA
2010
- 1h 40' |
Vincitore
a Torino, in lizza per gli Oscar,
Un gelido inverno
scalda le ragioni del cinema: formato indie, stile Sundance, registro
drammatico, delega la paternità a una ragazza-coraggio (la brava Jennifer
Lawrence) che cerca di tenere in piedi casa e famiglia, mentre il padre si
dà alle metanfetamine nel profondo Missouri. Radicalità tematica, echi
thriller e linguaggio scabro, è l'altra faccia dell'America, quella del
white trash, quella già a cara a Cormac McCarthy, quella fessa e livida
della provincia. C'è spazio anche per la fiaba, ma nera, nerissima, perché
'Have
a nice day' è solo una scritta di plastica, buona per avvolgere resti
umani, e il mondo là fuori è feccia. Arriverà la salvezza? |
Federico Pontiggia - Il Fatto Quotidiano |
Un
film memorabile, secco come una scudisciata e toccante come una ballata
popolare. Questo è
Un gelido inverno,
americano e indipendente, candidato a quattro Oscar, girato in digitale
con meno di due milioni dollari, molto premiato al
Sundance Festival di
Robert Redford. Non è una storia allegra, non si ride mai, si parla di
indigenza rurale, di famiglie spezzate, e il titolo italiano, ripreso pari
pari da quello del romanzo di Daniel Woodrell, addolcisce inutilmente il
senso dell'originale, che recita:
Winter's
Bone,
ossa d'inverno. Tuttavia è un film da vedere, come omeopatica alternativa
al commedificio imperante, al pari di titoli sfortunati come
Another Year
o La donna che canta.
[...] A tratti viene da pensare a Un tranquillo
week-end di paura, a quel mondo primitivo e selvaggio, tipicamente
redneck, che rifiuta una certa idea di civilizzazione. Ma
Un gelido inverno non è una metafora darwiniana sul rapporto tra gente di città e
gente di campagna, il tono è quasi documentaristico, fotografia a luce
naturale, musiche ridotte all'osso o integrate in senso diegetico nella
storia [...], scene di vita quotidiana, come scuoiare gli scoiattoli,
cucinare lo stufato, sparare ai cervi, strimpellare il banjo sotto il
portico. Il mondo dei cosiddetti hillbillies, ma descritto senza i
consueti cliché, dall'interno, lasciando che il giudizio morale, non
consolatorio, scaturisca da fatti, discorsi, superstizioni. Jennifer
Lawrence, bionda, gli occhi chiari, di una bellezza ruspante esaltata dai
consunti abiti montanari, fa di Ree un'eroina minorenne che non sarà
facile dimenticare. A diciassette anni, lontane dal dorato mondo di Ruby,
Iris e le altre, si può essere anche così: con la testa sulle spalle,
responsabili, dignitose. |
Michele Anselmi
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Il Riformista |
promo |
La 17enne
Ree è alla disperata ricerca del padre scomparso. L'uomo, che ha
un processo in corso ed ha impegnato la casa di famiglia per
pagare la sua cauzione, se non si presentasse al processo
lascerebbe Ree, la madre malata e i fratelli più piccoli in mezzo
a una strada. Per salvare la famiglia e scoprire che fine abbia
fatto suo padre, Ree metterà a repentaglio la sua stessa vita,
scontrandosi contro un muro di omertà, menzogne, sotterfugi e
minacce.
Un film ancorato alla propria radice letteraria, capace però di
trascendere la pura narrazione per estendersi a un’idea di
estetica. Radicalità tematica, echi thriller e linguaggio scabro
per un neorealismo country all'americana: il freddo che diventa
immagine, il colore delle ossa che impregna l’aria...
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LUX
- marzo 2011
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