Per vendicare la morte dell’allevatore che l’aveva accolto come un figlio, Billy Bonney (Paul Newman) uccide due dei suoi assassini, ma questo primo delitto ne trascinerà altri. Billy cercherà di starsene fuori ma la rabbia per chi ha ucciso l’unica persona che l’aveva saputo capire lo spinge a uccidere nuovamente: per finirla affronterà disarmato il suo ex amico e sceriffo Pat Garrett e si farà uccidere. Per il suo esordio nel cinema Arthur Penn sceglie un teleplay di Gore Vidal (sceneggiato da Leslie Stevens) che affrontava in chiave psicoanalitica il mito di Billy the Kid: il regista accentua l’originalità di quella lettura facendo di Newman, che recita alla James Dean, un adolescente insicuro di sé, incapace dì controllare il proprio edipo (la seduzione di Celia, moglie dell’amico che l’ha soccorso e sua improvvisata mamma) e attraversato da una latente omosessualità (l’amicizia con Charlie e Tom [ suoi compagni di vendetta): al centro, però, c’è uno dei temi del futuro cinema di Penn, la fisicità del personaggio, «il non sapere dove mettere il proprio corpo, incapace di esprimere il proprio biasgno di comunicazione se non con esplosioni di inconsulta vitalità quasi infantile». Rifiutando uno sviluppo narrativo lineare a favore di momenti di intenso lirismo che si alternano a scene di violenta esplosione emotiva, Penn non vuole proporre una rilettura del Weat anche se non mancano le riflessioni sul ruolo del mito (come nel personaggio del giornalista), ma piuttosto darci il ritratto di una generazione che cerca di ritrovarsi mentre passa dall’infanzia all’età adulta, dalle tenebre alla luce (lo “specchio scuro” della Lettera ai Corinti), dal frammentario all’unità. |
Dizionario dei film – a cura di Paolo Mereghetti |
cinema
invisibile
febbraio-giugno 2011 -
A.PENN: piccoli, grandi protagonisti del malessere
americano
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