Eros |
da La Stampa (Lietta Tornabuoni) |
L'eros, per Michelangelo Antonioni, è la nudità delle donne. L'eros, per Steven Soderberg, può essere uno scherzo. L'eros, per Wong Kar-wai, è l'eros. L'opera in tre parti realizzata come omaggio al novantaduenne maestro del cinema internazionale, non vince le difficoltà tipiche del film a episodi, ma regala con La mano di Wong Kar-wai, l'ammirato regista cinese di Happy Togheter, In the Mood for Love, 2046, un brano di cinema eccezionale interpretato da Gong Li. Donne nude ne Il filo pericoloso delle cose di Antonioni, tratto da un suo racconto sceneggiato da Tonino Guerra. Una ragazza si spoglia, si masturba, fa l'amore con Christopher Buchholz di passaggio, danza nuda sulla riva del mare, si distende nuda sulla sabbia, e il suo corpo riceve l'ombra di un'altra donna nuda pure lei danzante sulla battigia. Sul finire dell'estate, tra campagna e mare, il paesaggio è quello della Toscana, dove una coppia logora e rissosa cerca invano di ritrovare un poco di calore reciproco e scopre invece l'accensione per una ragazza estranea. Equilibrium di Steven Soderberg è uno scherzo divertente con Robert Downey jr. e Alan Arkin, in bianconero e a colori, collocato nel 1955 a New York: un pubblicitario in difficoltà di lavoro, ossessionato dal sogno ritornante di una donna che conosce ma che non ricorda al risveglio, ne parla con lo psicanalista a sua volta ossessionato dalla immagine femminile spiata dalla finestra dello studio. Ne La mano di Wong Kar-wai, a Shanghai nel 1963 per il suo lavoro un apprendista sarto va a casa di una bellissima prostituta di lusso che non ha mai visto prima. Lei gli impone di togliersi pantaloni e mutande. Con mano insinuante, lievissima, morbida, lo tocca, lo accarezza, lo masturba. La forza imprevista del gesto licenzioso diventa per lui quasi una sofferenza, lo lega per sempre alla donna. Innamorato anche delle misure e delle proporzioni del corpo di lei, il sarto la amerà e servirà nelle oscillazioni capricciose dell'esistenza, le confezionerà vestiti seducenti, perfetti; e lei, nel corso delle proprie traversie, saprà di poter sempre contare su di lui. Finezza e sensualità, intensità d'emozione, assoluta eleganza: veramente stupendo. |
da L'Unità (Alberto Crespi) |
Eros, trittico d'autore sull'erotismo, è nato intorno all'episodio di Michelangelo Antonioni, al quale si sarebbero dovuti aggiungere il cinese Wong Kar-Wai e lo spagnolo Pedro Almodovar; quando Pedro ha dato forfait, è subentrato l'autore-jukebox più gettonato del momento, l'americano Steven Soderbergh, che alla fine ha diretto l'unico episodio «lieve» (grazie anche a un attore sublime come Alan Arkin e alla scelta di girare in bianco e nero). Vorremmo tanto giudicare Eros come un unico film, e in quel caso - come già da Venezia - saremmo costretti a prendere atto di un immaginario erotico antico, rétro, freudiano-dannunziano: il reperto di un eroti-smo ottocentesco giunto imbalsamato al Duemila. In realtà, detto che il grazioso episodio di Soderbergh sembra un Woody Allen minore, e che quello di Wong Kar-Wai (intitolato La mano, e infatti parla proprio di quell'erotismo manuale che avete capito) pare ottenuto montando due o tre sequenze scartate di 2046, è ovvio che il ritorno alla regia di Antonioni nove anni dopo Al di là delle nuvole è la notizia più importante. Il suo episodio si intitola Il filo pericoloso delle cose ed è un triangolo sullo sfondo assolato e abbagliante della campagna toscana. Figurativamente è bellissimo (la fotografia è di Marco Pontecorvo), ma dire che un'opera di Antonioni contiene delle «belle immagini» è un insulto. Diciamo che il breve film sembra un'esasperazione dello stile perseguito da Identificazione di una donna in poi: lo splendore visivo si accoppia a una (voluta?) assenza di narrazione, gli attori devono pronunciare battute impossibili. Forse è una sfida estrema al cinema, forzato a trasformarsi in altro da sé (pittura, fotografia, ologramma). Forse è l'estrema mancanza di cose da dire, unita a una prodigiosa sapienza nel dirle. Ma il cinema di Antonioni non «dice»: «mostra», e basta. |
da Film Tv (Mauro Gervasini) |
Pensato come omaggio a Michelangelo Antonioni e al tema principe del suo cinema, l'amore, Eros mette in gioco sullo stesso argomento tre sensibilità molto diverse come quelle di Wong Kar-wai, Steven Soderbergh e dello stesso Michelangelo. E ha almeno un merito complessivo: fotografa bene l'effettiva incisività poetica, oggi, dei tre cineasti. Sottolineiamo "oggi" per-ché è evidente come l'Antonioni de Il Grido o de L'avventura resti un pianeta irraggiungibile anche, paradossalmente, per se stesso. Wong, però, si avvicina per complessità e ispirazione a quel pianeta. Il suo episodio, intitolato La mano, racconta di una prostituta d'alto bordo che per assicurarsi i servigi di un giovane sarto lo accarezza fino a farlo impazzire di piacere, certa che la percezione di quel piacere gli resterà per sempre attaccata alla pelle. Della sfera erotica l'autore racconta quindii l'aspet-to apparentemente più carnale, in realtà legato alla memoria e al desiderio. Se il desiderio dell'atto erotico sarà reiterato nel tempo diverrà eterno, e l'eternità dell'amore, lo sappiamo da In the Mood for Love, è la sola utopia pos-sibile. Immerso nello stile impressioni sta che ormai contraddistingue Wong, La mano riesce a comunicare allo spet-tatore quelle emozioni che il freddo manierismo di 2046 negava. E torna a dirci di un erotismo che non può essere relegato alla dimensione cerebrale, ma o è "pelle" o non è. Il secondo episodio, Equilibrium, sottolinea a sua volta lo stato delle cose sul suo autore, Steven Soderbergh. Il quale qualunque cosa di-riga la dirige benino (tranne le pessime scene d'azione di Traffic) ma con piglio scolastico, senza guizzi particolari, rimestando in formalismi (il bianco e nero di questo episodio, l'incedere psichedelico de L'inglese, il digitale traballante e tracotante di Full Frontal che mascherano male la sua superficialità. Equilibrium racconta la bizzarra seduta di psicanalisi tra un uomo che sogna una fanciulla e un dottore che finge di ascoltare ma in realtà spia una donna dalla finestra. Atmosfera lieve e grande prova dei due attori, Robert Downey Jr. e Alan Arkin. Infine, Antonioni. Il filo pericoloso delle cose racconta della gita in Toscana di una coppia in crisi. Lui incontra un'altra donna, che ama in maniera divorante. Diciamolo, perché tanto tutti lo pensano: questo episodio di Eros è imbarazzante. Dello sguardo di Michelangelo non c'è nulla, anche se la ricercatezza delle immagini è evidente. Ma invece di giocare sui vuoti li si riempie di un paesaggio, quello turistico della Toscana, che nel suo dolce declinare vorrebbe forse far pensare alle forme di una donna che ci accoglie. Purtroppo, è solo una visione zeffirelleggiante. E il discettare "alto" sull'amore, la passione, l'erotismo, attraverso l'abissale incomunicabilità tra uomo e donna, sa tanto di retorica lontana dalla verità certo complessa dei sentimenti. Il filo pericoloso delle cose è scritto con una presunzione di poeti-cità o letterarietà, della quale è complice il cosceneggiatore Tonino Guerra, che contribuisce a rendere il film stucchevole e pomposo. |
TORRESINO - gennaio 2005