Dissolvenza
in neve. Le storie dei “cuori” di Alain Resnais
si alternano sullo
schermo con tagli di montaggio frequenti e sinuosi, in un’armonia di
delicate pulsioni che solo il lieve fioccare della neve può
raccordare. Cade copiosa la neve su Parigi, sugli ambienti
squisitamente francesi che la fiction cinematografica di questa 46a
opera del grande maestro francese (Providence,
L'anno scorso a Marienbad,
Hiroshima mon amour)
ricostruisce tutti in studio, come nelle commedie di Lubitsch. Ed è
una commedia, radiosa e amara, quella che si dipana sotto i nostri
occhi, dopo che un ardito movimento di macchina (ne ha di verve
l’ottantaquattrenne Resnais!) ci ha catapultati da un’affascinante
veduta d’insieme del quartiere intorno a Bercy agli spazi angusti del
bilocale che l’agente immobilare
Thierry
(André Dussollier) e la cliente
Nicole
(Laura Morante), stanno trattando. L’obiettivo va a ridosso dei loro
volti, si riallarga per dare concretezza alla situazione, si volge
verso l’alto per una spiazzante panoramica circolare tesa a
dimostrare, seguendo il soffitto, l’intervento di ristrutturazione.

Un
incipit di grande suggestione e di arguta sintesi narrativa: una
stanza può essere facilmente divisa in due, più arduo è raccordare gli
spazi vuoti delle esistenze umane, dare unità ai sentimenti, chiudere
i vani che ospitano taciute, profonde solitudini. I personaggi di
Cuori
sembrano non riuscire a scrollarsi di dosso il bianco pulviscolo che
ricopre i loro cappotti, così come non sanno liberarsi da una
condizione del vivere incerta, insoddisfatta, incompiuta. Le vicende
che Resnais ci narra sembrano destinate a non avere una fine, certo
non un lieto-fine. La vita di coppia di
Dan
(Lambert Wilson) e Nicole ha alle spalle una bella storia romantica,
ma ormai è più prossima all’aridità che al matrimonio. Thierry, che
sembra finalmente accorgersi del radioso sorriso della sua collega
Charlotte (Sabine Azéma), si
scontra con l’ambiguità delle apparenze (su VHS): lei gli presta una
cassetta su cui ha registrato la sua trasmissione preferita (Ces
chansons qui ont changé ma vie), lui non trova nessun interesse
nella mistica delle buone azioni, ma rimane turbato dalle scene porno
che, a programma finito, compaiono inaspettatamente sul nastro. La
sorella
Gaëlle
(Isabelle Carré) gli esprime la sua disapprovazione quando lo scopre
incollato al televisore, ma anche lei ha un suo segreto, quel fiore
appassito che si appunta ogni sera sull’abito per andare ad un
appuntamento galante (da inserzione sul giornale) che
mai non si
concretizza. Charlotte, che esibisce una stoica forza morale sorretta
da un fervente spirito religioso, sovverte i canoni del perbenismo
lanciandosi in un lascivo balletto-striptease per placare
(definitivamente!) gli sboccati ardori del vecchio
Arture
(Claude Rich - solo in voce, se ne colgono i piedi che spuntano dalla
porta della stanza), immobilizzato nel suo letto e affidatole “in
custodia” dal figlio
Lionel
(Pierre Arditi) che lavora come barman in un locale. È li che si
rifugia Dan, senza lavoro e ormai in crisi con Nicole e sarà Lionel a
consigliarlo di dare un break alla sua relazione e di cercare nuove
prospettive con un annuncio su un giornale…
Ma non abbiamo a che fare
con le contorsioni intellettuali dei moderni film-puzzle di
Altman
e Iñarritu, piuttosto con la soavità di una ronde (Ophuls!) e con
l’articolata perfezione della commedia inglese. Resnais
si affida di
nuovo, dopo
Smoking/No Smoking,
ad un lavoro teatrale di Alain Ayckbourn e fa del suo Private fears in
Public Placet un gustoso intreccio cinematografico in cui i cuori dei
suoi sette personaggi hanno modo di farsi catturare dalla magia della
coincidenze, di sentire il calore di un destino benevolo e l’aria
gelida delle contraddizioni del vivere.
Poco importa se il ritmo è senile e la malinconia ovatta, come quei
fiocchi di neve, ogni eco di serenità. In
Cuori c’e lo spazio per
l’illusione, nella regia di Resnais trova corpo, come in Ayckbourn, la
capacità di “dare all’immaginazione l’orgoglio del luogo”, nel suo
cinema sanno ancora fondersi, nel turbinio surreale del nevischio, lo
smarrimento dell’animo e la sospensione del tempo narrativo.