Gli amori folli (Les Herbes Folles)
Alain Resnais
- Francia/Italia 2009 - 1h 44'

   Un film aereo, volteggiante, un po' folle come il titolo, Les herbes folles. Si sente aleggiare un sorriso sapiente, alla Raymond Queneau, mentre una voce off racconta la storia bizzarra di un possibile amore: protagonisti una dentista con l'hobby del volo e un padre di famiglia disoccupato. Nel prologo, ammirevole per grazia e inventiva, si assiste al gioco del caso che mette in relazione i due sconosciuti: un portafoglio rubato a lei e ritrovato dall'uomo in un parking. Segue una storia di telefonate, incontri e malintesi suddivisa in otto fasi, corrispondenti alle regole per pilotare un velivolo. Per Alain Resnais è il primo adattamento da un testo letterario; ma come sempre il regista veterano se ne appropria, annettendolo al proprio inconfondibile universo filmico.

Roberto Nepoti - La Repubblica

   Chi ha detto che il cinema è un mestiere da giovani? Alain Resnais ha cominciato a fare film nel 1946 e non ha ancora smesso di stupirci. Ogni titolo una nota diversa, e sempre nuova di zecca. Ogni film un'avventura che sbeffeggia e insieme completa le altre. Il tutto marciando con passo deciso verso una leggerezza che incanta e stupisce nel regista di Hiroshima mon amour. Dev'essere un privilegio dell'età: sono i grandi vecchi i primi e più accesi sperimentatori (nessuno, in questo senso, batte il centenario De Oliveira). Sono i registi che hanno attraversato le epoche e i luoghi più remoti a darci la vertigine di uno spaesamento senza fine.
Ne
Gli amori folli, in francese Les herbes folles, che vale anche "erbacce" («Come quei semi che germogliano tra le crepe dell'asfalto o tra le rocce, dove nessuno si aspetterebbe di vederli spuntare», dice Resnais), niente e nessuno è ciò che sembra. Anche perché non lo sembra abbastanza a lungo.
Chi è davvero la vaporosa signorina Muir (irresistibile Sabine Azéma), dentista di professione e aviatrice per passione che in apertura perde il portafogli innescando una girandola di conseguenze insieme banali e imprevedibili? Una matta, una mitomane, una zitella in cerca d'avventure, un'erede del personaggio interpretato da Gene Tierney in Il fantasma e la signora Muir, capolavoro fra commedia e mélo girato da J.L.Mankiewicz nel 1948? E cosa nasconde l'inquieto Monsieur Palet (ineffabile Dussollier) che cercando la proprietaria di quel portafogli non solo fantastica torride complicazioni sentimentali, ma rumina passati e fantomatici delitti?
Non aspettatevi spiegazioni: dove altri introdurrebbero una parvenza di logica, Resnais scarta, divaga, accumula personaggi secondari e digressioni tra affollati gabinetti dentistici, commissariati poco ortodossi, interni di famiglia destabilizzanti. Un po' perché l'essenziale avviene dentro le teste dei protagonisti (e nelle nostre, se stiamo al gioco). Un po' per portarci verso uno dei finali più inattesi e sconvolgenti visti in questi anni, purché si intenda il senso condensato in quell'improvviso testacoda che passando a volo radente sulle scogliere della sua Bretagna natale porta una ventata metafisica in quella che sembrava solo una commedia da boulevard un po' svitata. È che questi sognatori incorreggibili e disposti a tutto per un attimo di ebbrezza, fosse anche quella da due soldi di una vecchia sigla hollywoodiana, "desiderano il desiderio", come suggerisce lo stesso Resnais commentando il libro da cui ha molto liberamente tratto il film (Christian Gailly, L'incident). Di qui i capricci, dei personaggi come dell'autore, che non ha bisogno di citare Flaubert per ricordarci come vi sia qualcosa di sé in ognuno di loro. Non siamo così lontani da Cuori, il film precedente di Resnais. Lontanissimo invece è il cinema di oggi, che ormai confonde il fantastico con il fantasy. Ma per un maestro nato nel giugno 1922, questo è davvero il minimo.

Fabio Ferzetti - Il Messaggero

   Per modernità di visione Resnais batte lo spettatore-tipo odierno 1-0. Non solo ma anche perché il suo bagaglio culturale di 88enne, comprendente il fumetto e Stravinski, il surrealismo e Cocteau, Ionesco e Beckett senza disdegnare i serial tv americani, è ricchissimo e coltivato con immutata curiosità. [...] Si tratta di uno di quei film che non estremo ardimento si fondano sul nulla. Sull'esilità estrema di una situazione che non è un vero intreccio. Eppure vedrete, se andrete a vederlo come caldamente si consiglia, che manifesto di libertà, di leggerezza penetrante, di freschezza inventiva riesce ad essere [...]
Di che si parla? Del caso che cambia il corso delle cose; della forza dell'attrazione, oscura ma indomabile soprattutto se non corrisposta; di amore, di passione? O della resa all'irrazionalità inspiegabile, insensata, disordinata dei comportamenti umani? Non aspettatevi risposte (anche se un finale, più o meno interpretabile, c'è. Ha a che vedere con lo stravagante hobby di lei, dentista nella vita e pilota per diletto. Non "lieto" ma si fatica a definirlo tragico). Di certo si rinnova il mistero di un "anticinema" che non potrebbe essere più cinematografico perché solo sullo schermo è possibile immaginare e fantasticare così a briglia sciolta. Altro c
he Iron Man 2 e il suo statico fracasso.

Paolo D'Agostini - La Repubblica

promo

Margherita non aveva previsto che le avrebbero rubato la borsa all'uscita del negozio. E ancora meno che i ladri avrebbero buttato il contenuto in un parcheggio. E George? Se avesse anche solo potuto avere un sospetto, George, non si sarebbe mai abbassato per raccoglierlo. Si è sospinti in una dimensione seduttiva capace di rinnovarsi e di mutare in qualcosa di diverso in ogni inquadratura, dove il set è come manipolato per spinger(ci) all’interno di un luogo magico in cui l’illuminazione teatrale di riesce a far diventare erotico anche solo uno sguardo tra i due protagonisti seduti uno di fronte all’altra in un bar...

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