Il concerto
(Le concert)
Radu Mihaileanu
- Francia/Italia/Romania/Belgio
2009
- 2h |
Un
direttore d'orchestra del Bolshoi silurato ai tempi di Breznev per aver
osato difendere i suoi musicisti ebrei e ridotto a fare l'inserviente. Un
fax del prestigioso Théâtre du Châtelet intercettato per caso. Un sogno
impossibile - riunire gli orchestrali di un tempo e andare a suonare a
Parigi spacciandosi per il vero Bolshoi - che contro ogni logica si
realizza. In un percorso pieno di sorprese che porta il nuovo film di Radu
Mihaileanu, l'autore rumeno di film molto belli e personali come
Train de vie e
Vai e vivrai, verso un
crescendo finale così travolgente da aver fatto del
Concerto uno dei
fenomeni dell'anno in Francia e ora speriamo anche in Italia.
La prima e la seconda parte sono infatti satirico-patetiche, con i reduci
del socialismo reale che campano ai margini della Mosca neoricca e cafona
facendo i mestieri più improbabili: chi recluta nostalgici per fare da
comparse nei film in costume di epoca sovietica; chi fa musiche per
pellicole porno; chi strimpella alle nozze pacchiane dei nuovi oligarchi;
chi è tornato al suo campo Rom. Senza dimenticare la magia e l'entusiasmo
di un tempo però, tanto che quando l'ex-direttore Filipov (il bravissimo
Alexei Guskov, prima dimesso poi trascinante) va a cercarli uno per uno,
tutti aderiscono al suo folle progetto. Anche se una volta a Parigi in un
baleno ognuno va nella sua direzione dedicandosi a piccoli traffici da
emigrati come vendita di telefonini cinesi e di caviale del Volga, anche
fra i tappeti e i cristalli dello Châtelet...
Ma qui - colpo di genio -
Il concerto svolta verso il mélo con una
sfacciataggine che rende accettabili, anzi irresistibili anche gli
espedienti più vistosi. Filipov infatti vuole riprendere il concerto di
Caikovskij interrotto a suo tempo; la star parigina del violino, la bionda
e bella Mélanie Laurent (la protagonista di
Inglorious Basterds), scopre
che quel mitico direttore sovietico è a Parigi e si offre come solista.
Intanto, mentre i parigini iniziano a sospettare l'inganno e le prove
procedono in modo comico-disastroso, emerge una storia misteriosa di
deportazioni e dolore che salda le diverse anime del film, satirica e
politica, comica e melodrammatica, in un'esecuzione del Concerto n.35 per
violino e orchestra di Chaikovskij che strappa immancabilmente calde
lacrime alla platea. Trasformando per via quasi alchemica il defunto sogno
comunista in immortali armonie musicali, e le persecuzioni di un intero
popolo in un intricato dramma di famiglia. Antico, sentimentale, a tratti
un poco macchinoso. Ma i fantasmi del comunismo e dell'antisemitismo sono
più vivi che mai. Per questo continuano e continueranno a far ridere e
piangere per molto tempo ancora. |
Fabio Ferzetti - Il
Messaggero
|
Il
tratto forte del cinema di Radu Mihaileanu (Train de vie,
Vai e vivrai)
addirittura s'esalta nella nuova commedia destinata a far parte del
ristretto bouquet dei film migliori della stagione.
Il
concerto,
in effetti, rappresenta un omaggio al potere emotivo e lirico della musica
(in particolare di quella classica, mai altrettanto congrua nei gangli di
una messinscena), ma nel contempo sfronda molti equivoci della storia
europea, si diverte a mischiare toni alti e bassi, incrementa la sana
follia dei personaggi, s'imprigiona nella suspense e si libera nella
tragedia, costruisce senza stress un castello di autocoscienze per poi
demolirlo con un semplice soffio del fato a cui è inutile contrapporsi. È
chiaro che il cineasta rumeno attivo in Francia va a pescare
nell'inesauribile deposito del (tragi)comico di matrice ebraica, ma la
carica del film non si sottrae al piacere della contaminazione onnivora:
sotto questo aspetto persino le imperfezioni - il compiacimento naif, una
certa macchinosità d'intreccio e l'interminabile gran finale che sfocia
nel manierismo - concorrono all'originalità dell'insieme, soffiano sul
fuoco del suo feeling con il pubblico. Non c'è, in pratica, un attimo di
pausa per lo spettatore dapprima divertito dal ritratto della nuova
Russia, poi incuriosito dall'utopia del cecoviano protagonista, quindi
trascinato all'acme del grottesco nel cuore intellettualistico di Parigi e
infine commosso dalla «spiegazione» sciorinata nel corso dell'esecuzione
integrale del «Concerto per violino e orchestra» di Tchaikovsky ad opera
degli orchestrali-interpreti (in realtà ampiamente manipolata, per il
dispiacere dei cultori più arcigni, con il concorso dell'orchestra
sinfonica di Budapest e della violinista Sarah Nemtanu).
Il bravissimo Alexei Guskov tiene degnamente le fila nelle vesti dell'ex
direttore d'orchestra del Bolshoi, licenziato da Breznev per non avere
epurato alcuni musicisti ebrei: venticinque anni dopo il misfatto, Andrei
è ridotto a lavorare nello stesso teatro come uomo delle pulizie. Il caso
gli permette d'impadronirsi di un fax proveniente da Parigi che invita
l'orchestra in carica a esibirsi in un concerto allo Chatelet: il
poverocristo ha allora uno scatto d'ingegno, raduna tra esilaranti
peripezie i suoi orchestrali dispersi, ingaggia un lestofante
amministratore di nostalgie comuniste e gli fa condurre la più surreale
delle trattative per organizzare la truffaldina spedizione in Francia. Per
coronare il riscatto l'ossessionato Andrei, sospinto dall'amore della più
efficiente consorte, ottiene per di più che la scalcinata compagine si
avvalga di una giovane violinista-prodigio (Mélanie Laurent)
misteriosamente legata al trauma che ha rovinato la sua esistenza.
Narratore nato - e per questo disposto anche al trucco - Mihaileanu
insegue corpi e facce, schizza bozzetti anche a costo di complicare il
ritmo, governa bene sia le scene madri che i faccia a faccia intimistici:
in una parola, risponde alle esigenze di un cinema popolare ed euforico,
decisamente dalla parte del pubblico, totalmente disinteressato ai
causidici distinguo degli esperti. Il menu può risultare troppo ricco, ma
nell'epoca del cinema diviso a metà tra austerity ed eccesso il consiglio
giusto è quello di non perderlo. |
Valerio Caprara - Il
Mattino |
promo |
È un fax
intercettato per caso a offrire ad un direttore d'orchestra del
Bolshoi silurato ai tempi di Breznev e ridotto a fare li realizzare
un sogno impossibile: riunire gli orchestrali di un tempo e andare
a suonare a Parigi spacciandosi per il vero Bolshoi. Mentre i
parigini iniziano a sospettare l'inganno e le prove procedono in
modo comico-disastroso, emerge una storia misteriosa di
deportazioni e dolore che salda le diverse anime del film,
satirica e politica, comica e melodrammatica, in un'esecuzione del
Concerto n.35 per violino e orchestra di Chaikovskij che strappa
immancabilmente calde lacrime alla platea. |
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