da L'Unità (Alberto Crespi) |
Dopo La vita è bella, ecco Il treno della vita: dopo l'italiano Roberto Benigni ci prova anche Radu Mihaileanu, che solo dopo aver abbandonato la Romania di Ceausescu per la Francia (nel 1980) ha scoperto e rielaborato le proprie radici ebraiche. In Train de vie Mihaileanu mette in scena con toni da farsa quella che a lui è stata raccontata come una storia vera (ma forse va considerata una leggenda): un villaggio ebraico del centro Europa, sul punto di essere invaso e sterminato dai tedeschi, decide di fuggire in massa simulando la propria deportazione. Prendono un treno, ci caricano mobili e masserizie, scelgono una quarantina di giovani del villaggio che "reciteranno" nella parte dei nazisti, e via, verso Israele, la salvezza e la libertà. La storia, che sarebbe francamente assurda se raccontata in modo realistico, diventa accettabile se trasformata in commedia. Ecco, quindi, le gag dei giovani ebrei costretti a fingersi SS; il notabile del paese colto da attacchi d'ulcera quando deve sborsare i soldi per comprare il convoglio; il funzionario delle ferrovie che impara a guidare la locomotiva leggendo un manuale; e tante altre piccole trovate, che accompagnano il treno verso il suo destino. Con un sottotesto ridicolo e amaro: coloro che fanno la parte dei nazisti cominciano a prendersi pericolosamente sul serio, mentre alcuni giovani si dichiarano "comunisti" (tutto sommato, l'URSS è a due passi ... ) e danno il via alla lotta di classe all'interno della comunità viaggiante L'idea è buona, quasi quanto il lager raccontato come un gioco a premi in La vita è bella. Evidentemente si può raccontare l'Olocausto come una commedia |