Compagnie pericolose
(Knockaround Guys)
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da Il Giornale Nuovo (Adriano De Carlo)
Con il cuore in mano si può ancora affermare che il vecchio buon cinema non muore mai, quello che, mutando lo scenario sa rinnovare i codici della buona creanza cinematografica, aggiornare la scrittura, avvolgere gli spettatori; é quanto accade in Compagnie pericolose, un perfetto noir che risolleva le sorti del cinema americano, soffocato dal pompierismo dell'era digitale, dopato fino a scoppiare per compiacere il pubblico più giovani, senza alcuna misericordia per chiunque abbia in testa ben altro che la solita frittura di pellicole demenziali, sboccate e naturalmente stupide. Un bel cambio d'aria, che in soli 88 minuti ci restituisce il piacere inaspettato di godere di un racconto teso, sorprendente e senza uso improprio di immagini violente. Tutto grazie all'esordio eccellente di una coppia di sceneggiatori e registi: Brian Koppelman e David Levien (già autori della sceneggiatura di Rounders - Il giocatore). I nomi di riferimento che hanno influenzato i due autori sono quelli di Martin Scorsese e Sam Peckimpah. Siamo dalle parti dei "bravi ragazzi", che hanno allevato una covata di altri bravi ragazzi, che stavolta lo sono davvero e che vorrebbero scrollarsi di dosso i miasmi di alcune generazioni di mafiosi e guadagnarsi il pane onestamente. Sono ventenni oberati da cognomi "eccellenti", a causa dei quali vengono respinti dalla società civile e dai genitori stessi, rappresentanti di una criminalità scrupolosa ed efferata. Matty Demaret (Barry Pepper), figlio ventenne del boss Benny "Chains" Demaret (Dennis Hopper), deve a questo punto mostrare al genitore che la fede nell'ingiustizia può contare d'ora in avanti anche su di lui e pretende che gli venga affidato un incarico. Lo ottiene e chiamato in soccorso l'amico del cuore Taylor Reese (Vin Diesel), parte per la missione con altri due compagni di banco. Le cose si complicheranno, in un susseguirsi di avvenimenti a scatola cinese, fino all'epilogo, aperto ad ogni interpretazione, in chiave moralistica o il suo contrario. Un metodo di interpretazione interattivo, il solo capace di coinvolgere emotivamente lo spettatore. Esecuzione perfetta, come la scelta dei tempi e l'ambientazione, prevalentemente notturna.
da La Repubblica (Roberto Nepoti)
Esce da una costola di Quentin Tarantino Compagnie pericolose: lo si vede immediatamente e sapere che il produttore Lawrence Bender è lo stesso di Le iene, Pulp Fiction e Dal tramonto all'alba non fa che confermarlo. Sono "tarantiniani" i luoghi (la provincia americana, i paesaggi iperrealisti, gli interni squallidi popolati da un'umanità arrabbiata), i temi (soldi sporchi, avidità, amicizia virile) e perfino le angolazioni con cui inquadrare i personaggi. Così come appartiene alla lezione di Quentin la forte contaminazione tra generi differenti: dal western, che dà luogo a una sfida all'Ok Corral trucida e privata dell'elemento epico, al film di arti marziali. Brian Koppelman e David Levien, debuttanti nella regia, non si negano neppure una sequenza tipica del repertorio del collega, alternando il racconto di un personaggio al telefono con immagini di ciò che va narrando. Molto ridotto, invece, l'elemento dell'ironia, a vantaggio di risvolti psicologici piuttosto lontani dagli interessi di Tarantino.
cinema invisibile-E20 TORRESINO maggio-giugno 2002