Un
tramonto, un mare caldo e quieto, un uomo e una donna che stanno per
entrare nel futuro: su questa immagine colma d’ottimismo e stereotipata si
chiude
CinquePerDue.
Tuttavia non c’è ottimismo, nel film, ma un’amarezza che non ammette
illusioni.
E una storia a ritroso, questa che
François Ozon
ha scritto con Emmanuèle
Bernheim: dall’oggi allo ieri, verso le radici insospettate
dell’infelicità del presente. E alla fine niente resta della storia di
Gilles (Stéphane Freiss) e Marion (Valeria Bruni Tedeschi), a parte la
memoria di una sconfitta necessaria. Su questa sconfitta si apre il film.
Con crudele semplicità, la sceneggiatura ne elenca i termini per bocca di
un giudice. Dopo il divorzio, Gilles e Marion niente più avranno in
comune: non la casa, non gli oggetti personali, e forse neppure il figlio
(a parte la minuzia dei diritti di visita e dei doveri di mantenimento).
Da dove viene la loro sconfitta? Quando s’è inaridita la speranza su cui
s’era aperto il futuro? Questo indaga il procedere a ritroso di
CinquePerDue, e
questo a noi in platea preme sapere. Se ci imbattessimo nell’atto
sbagliato, nel gesto colpevole, e insomma nel momento in cui l’uno o
l’altra hanno cominciato a tradire se stessi, allora l’amarezza per la
sconfitta s’attenuerebbe. Non si tratterebbe più d’una fine necessaria, ma
d’una eventualità fra molte. E così, giunti alla fine del film - e
all’inizio della loro storia - potremmo immaginare che il loro futuro
sarebbe potuto essere diverso.
Ma non c’è spazio per questo modo verbale ancora zeppo d’ottimismo, nel
film di Ozon. Visto dall’oggi, lo ieri di Gilles e Marion è già l’inizio
della sconfitta. La possibilità contenuta in quel lontano tramonto è stata
confutata negli anni. Questo però non significa che i due non abbiano
saputo restarle fedeli, provocando da se stessi la loro propria sconfitta.
Significa invece che, ad attenderli nel loro futuro, fin dall’inizio non
c’era che quella sconfitta. Che il loro divorzio sia oggi, una chiusura
senza via d’uscita, è mostrato nella seconda parte del primo capitolo di
CinquePerDue.
Inutilmente Gilles e Marion, dopo il divorzio, tornano a cercare
l’intimità perduta. Lo fanno a letto, ripetendo gesti a lungo condivisi.
Ma non c’è più vita, nei loro occhi e nei loro corpi. C’è piuttosto il
ricordo dì un’abitudine. E c’è, almeno in lui, una rabbia narcisistica che
cerca vendetta nell’umiliazione di lei. Quanto a Marion, poi, in lei c’è
rassegnazione, insieme con un’impossibile nostalgia che subito viene
smentita dalla miseria del disamore.
Forse, basterebbe tornare indietro di qualche anno, per non vederla più (o
per non vederla ancora), questa miseria. Eppure, nel secondo capitolo
della loro storia a ritroso, Ozon e Bemheim trovano ancora (o già)
disamore. Tra lei e lui, che pure hanno nel figlio il luogo materiale
della loro unione, si agitano fantasmi di un erotismo alla ricerca d’una
rivincita sulla propria stanchezza. Che cosa, se non questo, spiega il
racconto di Gilles al fratello, a proposito d’una certa notte, in casa
d’amici? Che cosa, se non questo, spiega la rassegnazione complice di
Marion?
Facendo un altro passo indietro anche il figlio - cioè, il suo significato
per le loro vite insieme - viene smentito. Quando sta per nascere, Gilles
lo sente come una minaccia (forse all’assolutezza del proprio narcisismo).
Certo poi lo amerà, ma la sua esitazione gli peserà addosso, e peserà
addosso a Marion con la grevità d’una delusione irrimediabile. E Marion,
appunto? Davvero è solo vittima, nella loro storia? Se così fosse, come si
spiegherebbe il suo tradimento, subito dopo la cerimonia nuziale? Chissà,
forse c’è già anche in lei una sorta di timore e d’angoscia. Nonostante la
felicità legata alla speranza del futuro che l’attende, forse Marion sente
che qualche cosa sta per esserle tolto, e che d’ora in poi la sua vita
sarà “in perdita”.
E così
CinquePerDue
giunge al suo ultimo capitolo, che è poi il primo della storia di Gilles e
Marion. Ora, dunque, i due si incontrano, e tutto sembra possibile.
Eppure, visto dall’oggi, quel loro lontano inizio è molto meno magico e
incantato di quanto vorrebbero ottimismo e stereotipi. E la futile
necessità del caso che li fa incontrare. Dei loro amori precedenti, quello
di lei è appena finito, quello di lui è ormai stanco. Solo a questo si
deve il loro incontro: a un vuoto, a una stanchezza che li riguarda a uno
a uno e non ancora tutti e due insieme. E quando il sole scende
all’orizzonte, in platea ci pare certo che, al di là d’ogni illusione e
autoillusione, si tratti non d’un inizio, ma proprio solo d’un tramonto. |