Buena Vista Social Club
Wim Wenders - Germania/USA/Francia/Cuba 1999 (101)'

   "Noi crediamo nei sogni" dice una scritta su un muro della vecchia Havana. Si riferisce ad altri sogni, naturalmente, ma sembra un commento più che mai appropriato a quello che vediamo raccontato in Buena Vista Social Club: il ritorno alla ribalta - dopo quarant'anni - di un gruppo di talentosissimi musicisti cubani che la storia, le mode, le vicende della vita, gli alti e bassi cubani avevano contribuito a sciogliere, disperdendo un patrimonio di divertimento e di ingegno musicale. La storia del gruppo e del suo improvviso ritorno al successo è stata molte volte raccontata: basti ricordare che i "superabuelos", i supernonni, come li chiamano adesso a Cuba, sono stati rintracciati e tirati fuori dal loro quarantennale silenzio da Ry Cooder, che il disco da loro registrato è diventato un successo mondiale, che hanno vinto il Grammy, e che la loro vita è ricominciata a tempo di musica. Wim Wenders, in uno dei suoi momenti di umore felice, ricostruisce questa vicenda con libertà e devozione, senza mai forzare la mano, senza avventurarsi in letture politiche o sociali - si accenna per un attimo alla "crisi di ottobre" e se compare Castro, in una vecchia foto mentre gioca a golf con il Che, è solo per scherzare sul fatto che il Che, quel giorno, l'ha lasciato vincere - abbandonandosi al puro piacere della musica e della simpatia dei suoi personaggi. Cuba e L'Avana, il Malecon invaso dalle onde e le case tarlate dalla salsedine, le strade maltenute e i grandiosi vecchi palazzi, fotografati con molta libertà e grandi contrasti di colori da Jorg Widmer, parlano da soli e per allusioni: della difficoltà della vita, dell'ironia e della malinconia di questa bellissima gente, della musicalità di un popolo. I superabuelos sono simpaticissimi e belli, dal veterano Compay Segundo, classe 1907, che, dice, fuma da ottantacinque anni, progetta non si sa quanto seriamente di fare il sesto figlio e dà la ricetta per il brodo contro la sbronza, a Ruben Gonzales, classe 1919 ("il più grande solista di piano che io abbia mai sentito", secondo Ry Cooder), che si era ridotto a non avere più un pianoforte, da Omara Portuondo, l'Edith Piaf cubana, classe 1930, stile da regina e voce da brivido, a Ibrahim Ferrer, del 1927, che canta sempre con il suo berrettino da devoto della Santeria - la religione popolare cubana. La loro musica è travolgente ed elettrizzante: l'amore che portano al loro paese - la cui bandiera sventola nell'ultima scena del film sul loro trionfo alla Carnegie Hall, in una sorta di innocente provocazione agli ospitanti Stati Uniti - finisce per sedurre anche lo spettatore. ancora MUSICA CUBANA !

Irene Bignardi - La Repubblica

 

 

Un gruppo di antiche glorie della musica tradizionale cubana (Compay Segundo, Ibrahim Ferrer, Omara Portuondo...), da decenni passati nel dimenticatoio, vengono rimessi insieme dal chitarrista Ry Cooder per realizzare un disco e una tournée. È l'occasione per realizzare uno splendido affresco cinematografico in cui Wenders cattura con pudore il cristallino talento e l’insopprimibile gioia di vivere di questi straordinari musicisti.

pieghevole LUX - V.O.S. ottobre/dicembre 1999