Britannia Hospital |
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Molteplici
gli stimoli dì un film caustico e frizzante come
Britannia Hospital,
a cominciare dall'ambigua potenza del progresso scientifico che sembra
fare a gara, in devastante pericolosità, con la brutale insania
degli scontri (in)-civíli. Il fanatico prof. Millar ha l'eleganza
umanistica del Casanova di Fellini, maggior truculenza nel rammendo
dei molteplici Frankenstein, una visionarietà apocalittica degna
del dott. Stranamore: il suo discorso finale appesantisce una struttura
ritmica impeccabile e gorgogliante ma cuce a perfezione le sue paranoiche
sperimentazioni con la balordaggine e le meschinità del meccanismo
sociale. Come non essere inorriditi dal sangue che sprizza a fiotti
dal corpo rattoppato, ma come non restare a bocca amara per il sorriso
ebete dell'imbellettata sovrana di fronte a qualsiasi evento? Uno splendido
percorso iniziatico di lettura è costituito dal filo massmediologico
che collega in apertura le varie sequenze e i vari personaggi (automobile-
ascensore-televisione-telefono-citofono), così come merita una
seria analisi la drastica "esecuzione del
mezzo televisivo", simbolizzato da Travis e dai suoi collaboratori,
sia da parte dell'elitarismo borghese (il riserbo di classe, la privacy
scientifica), sia dalla violenza della massa scatenata (l'odio per l'asservimento
capitalistico dell'informazione). ezio leoni - Espressione Giovani - marzo-aprile 1983 |
Soggetto: Davìd
Sherwin. Fotografia: Mike Fash. Musica: Alan
Price. |
Lindsay
Anderson è uno dei grandi
registi inglesi del dopoguerra (ma, per la precisione, è nato
a Bangalore-India, anno 1923) e va considerato in particolare tra i
capostipiti (se non "il capostipìte") del free-cinema
britannico ezio leoni - Espressione Giovani - marzo-aprile 1983 |