In
una public school inglese (che, come si sa, sono scuole private e assai
costose, accessibili ai rampolli della classe dirigente), uno degli
allievi, Mick Travis e due suoi compagni si ribellano ai riti, ai codici,
ai soprusi, alle ingiustizie e, nel giorno della cerimonia di fine anno,
appostati sui tetti, sparano su professori e compagni. Diviso in 8
capitoli, pieno di cartelli, di scritte e di immagini simboliche,
costruito con la libertà di fantasiose associazioni che era tipica degli
anni '60 e nella quale il colore s'alterna con la monocromia, l'opus n. 2
di
Lindsay Anderson è un film
sull'Inghilterra, concentrata nel microcosmo del college, una ricca,
confusa e ribollente metafora sul malessere del nostro tempo e sul
desiderio di rivolta della gioventù, pervasa da una struggente nostalgia
per un mondo diverso. La sequenza finale non è, come fu scritto, un salto
nell'allegoria. Dopo un avvio descrittivo, tutto il film è, con calcolata
progressione, un'alternanza della dimensione realistica con quella
fantastica e onirica che concerne anche il tema del sesso e il viluppo
inestricabile tra omosessualità e sadismo, descritto con una lucidità che
non esclude la tenerezza. |
Film
drammatico e grottesco post-sessantotto si inserisce più nel filone
‘scuola repressiva e sue implicazioni e complicazioni’ che non nell’ottica
politico-sociologica del maggio francese. La rivolta dei tre studenti (e
della ragazza) è si vitale, e documentata con forza, ma sembra più voler
sbalordire il buon borghese che non tentare di analizzare il fenomeno.
If...
rimane, tuttavia, un apprezzabile risultato del cinema inglese di quegli
anni, con una solidità d’impianto, un umore corrosivo e una
interpretazione (l’eclettico Malcolm McDoweli, ghigno strafottente,
diverrà famoso) degni di grande rispetto. E conferma le doti registiche di
Anderson, il suo sferzante colpo d’occhio e la sua riconosciuta vigoria. |