Dopo due chiassose e dimenticabili Biancaneve hollywoodiane, arriva dalla Spagna una versione gotica, muta e in bianco e nero della fiaba dei Grimm che finalmente ci fa sobbalzare sulla sedia. Il merito non è solo del mascherino in 1:33, delle immagini curatissime che esaltano suggestioni e perfidie del cinema muto, insomma del gioco con la nostra memoria cinèfila, che potrebbe anche esaurirsi nelle prime sequenze. Ma di un adattamento e di un'ambientazione che si sposano a meraviglia con una scelta di regia così radicale, riprendendo dal muto ciò che il cinema ha perso trovando la voce: l'inquietudine, la meraviglia, la profondità delle immagini e dei sentimenti più estremi. Il Blancanieves di Pablo Berger, ricoperto di premi in patria, è infatti ambientato nella Siviglia anni 20 (un po' come se fosse stato girato all'epoca) ed è un trionfo di ombre ed efferatezze girato a ritmo di musica (memorabile la scena scandita dai battimani del flamenco) che si muove sapientemente a cavallo fra gotico e fantastico (con una lieve caduta di tono, inaspettatamente, quando dalla portentosa Carmencita-Biancaneve bambina si passa alla più insipida versione adulta). Un occhio a Goya, l'altro ai mondi devianti di Tod Browning (il regista di Freaks), l'obiettivo puntato sugli occhi di animali e interpreti, che ispirano alcuni dei momenti più vertiginosi del film, Berger si spinge ancora più lontano di The Artist. E ci ricorda che il muto, con paradosso solo apparente, ha un grande avvenire. |
Fabio Ferzetti - Il Messaggero
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Progetto rimasto a lungo fermo e sdoganato dal successo di The Artist, Blancanieves è la favola dei fratelli Grimm raccontata nel formato e nello stile di un film muto in bianco/nero, e trasferita in una suggestiva cornice andalusa Anni '20. Dove il re è un torero leggendario finito in carrozzella dopo un fatale incidente, la matrigna una perfida infermiera, mentre i nani che salvano l'eroina dalla morte sono sei circensi che inscenano spettacoli di corrida con torelli di cui Blancanieves (buon sangue non mente) diventerà la star. Pablo Berger conduce il gioco di citazioni con finezza, attingendo al folklore in chiave di fiabesco surrealismo e rievocando i mélo hollywoodiani tipo Sangue e arena con Rodolfo Valentino. L'insieme è di estrema gradevolezza, anche se l'esperienza ha l'effimera leggiadria di un sogno o di una nostalgia. |
Alessandra Levantesi Kezich - La Stampa
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Inevitabile il confronto con The Artist, il film muto in b&n vincitore di cinque Oscar nel 2012. Pablo Berger, però, non è un emulo di Hazanavicius. Intanto perché il progetto di Blancanieves è antecedente. Poi perché il suo non è un film 'muto' ma 'senza parole': più delle didascalie, vi svolge un ruolo determinante la musica di Antonio De Villalonga. Quanto alle immagini 'd'epoca' prive di colore, sottolineate dalla grana della pellicola super 16mm., il regista s'ispira ai classici del cinema del tempo che fu (a cominciare da Freaks di Browning), rispettandone fedelmente i codici; ma non ne fa un calco. Anzi, le reinterpreta in maniera del tutto moderna, lavorando sulle sfumature dei neri, dei bianchi e dei grigi. Ne vien fuori un piccolo gioiello, che rinnova l'incanto e le paure dalla fiaba antica. |
Roberto Nepoti - La Repubblica
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Carmen è una bellissima giovane donna che vive in un piccolo paese nel sud della Spagna durante gli anni Venti. Rimasta senza madre, morta durante il parto, Carmen è stata educata dalla nonna ballerina di flamenco (Angela Molina) ma la sua infanzia è stata tormentata dalla cattiveria della matrigna Encarna, una donna priva di ogni scrupolo e affetto materno che il padre Antonio Villata, famoso matador, ha preso come seconda moglie. Dopo la morte del padre che l'aveva avviata segretamente all'arte della corrida, Carmen si ritrova in grave pericolo e decide di fuggire. Sulla sua strada incontrerà una compagnia di toreri nani che l'aiuteranno a raggiungere la fama nel mondo delle arene con il nome di Blancanieves. Berger s'ispira ai classici del cinema del tempo che fu rispettandone fedelmente i codici; ma non ne fa un calco. Anzi, le reinterpreta in maniera del tutto moderna, lavorando sulle sfumature dei neri, dei bianchi e dei grigi. Un piccolo gioiello, che rinnova l'incanto e le paure dalla fiaba antica. |
LUX - novembre 2013 |