L'undicesimo film di Michael
Mann
è un film importante, forse il primo vero film dell'epoca digitale. E non
soltanto per quel che racconta. Mann mette, sì, in scena uno schema
narrativo di guardie e ladri, il cui eroe è imparentato con lo Jena
Plissken di 1997 - Fuga da New York ;
realizza anche quattro sequenze d'azione ad alto tasso adrenalinico: però
non bisogna cercare qui le cose che gli interessano davvero. Invece il
regista, all'anagrafe settantaduenne, appare impegnato a realizzare
un'opera digitale, ipertestuale, che rompe con gli schemi noti più di
tutti i film diretti dai suoi colleghi giovani. Invece di rispettare i
canoni dell'actioner hollywoodiano, da sempre concentrato sulla
successione degli avvenimenti, le loro connessioni, lo sviluppo
dell'azione, Mann alterna il montaggio rapido con lunghe pause
«riflessive», elimina come inessenziali i raccordi narrativi, procede per
tagli, strappi e cesure mirando all'essenziale in un modo cui il cinema
hollywodiano non ci aveva abituati. Non siamo tanto davanti a un film
d'azione, quanto piuttosto a un film specchio della difficile transizione
che tutti stiamo vivendo: il passaggio all'epoca digitale e alla cultura
della smaterializzazione, con relativo spaesamento. (...) Quel che Mann
vuole indicarci attraverso il suo sguardo analitico è la realtà - metà
materiale metà virtuale - in cui ci stiamo abituando a vivere. E che qui
ci si mostra nel suo aspetto meno rassicurante.
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...Segue
gli schemi del thriller 'high tech' ridefiniti proprio dal creatore di
Miami Vice, con un surplus d'adrenalina e
virtuosismi di regia che sono la vera ragion d'essere di
Blackhat
(mai visto elicotteri più espressivi e
misteriosamente malinconici di quelli che si alzano sopra Macao, un
regista capace di scene simili lascia sempre la sua firma). E
un'insistenza sullo scontro tra materiale/immateriale, cyberguerra e forza
bruta (...) che innerva un copione fin troppo squadrato e inverosimile (…)
in cui più dell'intreccio però contano i sentimenti, compresi quelli
scolpiti da scene d'azione incalzanti e brutali. E anche se Mann sembra
non credere fino in fondo a questi eroi da fumetto nati per celebrare
l'amicizia Cina/Usa, non solo approfitta delle 'locations' per proiettare
la sua riconoscibilissima estetica su sfondi esotici quanto suggestivi, ma
regala continuamente immagini e dettagli impagabili.
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