I baci mai dati
Roberta Torre – Italia  2010 - 1h 20'

  Il film di Roberta Torre vanta il miglior attacco del cinema italiano degli ultimi anni. Uno sguardo velato, che scopriamo appartenere alla Madonna la cui statua viene scoperta su un piazzale del quartiere Librino di Catania, accompagnato solo da un respiro, un fiato inquieto che scende sulla terra per vivere tra le donne di un mondo dimenticato dagli uomini. I baci mai dati è uno di quei rari film che riescono a interrogarsi sul miracolo e la fede senza cedere al conformismo intellettuale dominante. Bilancia con grande abilità la vocazione ironica e a tratti kitsch di Roberta Torre con la sua poetica aerea popolata di angeli gonfi d’amore. Ritratto implacabile di un mondo in attesa di un miracolo che salvi la vita, la regista, senza irridere o giudicare, mette in scena l’arrembante spirito imprenditoriale di una donna che, sfruttando un sogno della figlia, decide di dare vita alla sua personale Lourdes di periferia. Erroneamente accostata al cinema di Pappi Corsicato film precedente in archivio, l’opera si muove invece in territori completamente astratti e mentali. Sembra essere il doppio speculare di Habemus Papam di Nanni Moretti: laddove un neo Papa disobbedisce alla sua chiamata per vivere da uomo, la Torre ci offre una bambina che si inventa degli eventi soprannaturali pur di stare nel mondo che la esclude. Popolato di donne potenti e magnifiche, su tutte Donatella Finocchiaro, la nuova Monica Vitti, I baci mai dati è un film a volo d’angelo. Un oggetto misterioso e sorprendente come un miracolo (laico).

Giona A. Nazzaro - Film Tv

  Roberta Torre ha girato e in parte autoprodotto - il film era lo scorso settembre alla Mostra di Venezia, non propriamente valorizzato -  I baci mai dati. La storia di una ragazzina che per farsi notare da sua madre si inventa un miracolo. Oppure la storia di un miracolo che avviene davvero al la periferia di Catania, quartiere Librino: doveva essere una città giardino progettata da Kenzo Tange, è finita nel degrado come le Vele di Scampia (bisognerebbe ricordarsi di non far progettare città giardino a un giapponese, specialmente in Sicilia dove “giardino” sta per agrumeto, senza le aiuole). Oppure la storia di una madre che pensa ai profumi e ai balocchi del 2011, filtrati dalla tv, e ha un guarda roba scollatissimo, aderentissimo e mai in tinta unita, per nessuna ragione al mondo: meglio il maculato che fa strafiga. Oppure, semplicemente, l’ultimo film di una regista molto brava, che aveva cominciato con Tano da morire, musical mafioso e palermitano con il napoletano Nino d’Angelo a far da colonna sonora. Poi aveva cambiato genere con Angela, conquistando i francesi con una bravissima Donatella Finocchiaro nei panni (allora non maculati, solo scollati il giusto) di una Madame Bovary sposata a un mafioso che spaccia droga nelle scatole da scarpe. Per inciso e per statistica: risale ad allora la prima intercettazione sapientemente usata in un film italiano: il poliziotto trascrive le conversazioni degli amanti, lui non capisce nulla, noi capiamo tutto. In Tano da morire c’erano le signore sotto il casco dal parrucchiere, con il contaminuti che suonava a cottura finita. Tornano qui, cotonate da Piera Degli Esposti, che tra una tinta e l’altra del salone colorato in tinte almodovariane fa le carte. Bravi tutti, a cominciare dalla quindicenne Carla Marchese.

Mariarosa Mancuso - Il Foglio

promo

Manuela ha tredici anni e nel quartiere dove vive, alla periferia di Librino, una cittadina in provincia di Catania, non accade mai nulla. Così un giorno, per gioco, inizia a raccontare in giro di aver un dono speciale: può compiere i miracoli. Incredibilmente viene creduta, ma da quel giorno la sua vita non è più la stessa. Dovunque vada, trova ad aspettarla una folla di persone che le chiedono di tutto: c'è chi vuole trovare un lavoro, chi l'amore e chi si accontenta che faccia vincere alla sua squadra il campionato di calcio. Mentre sua madre Rita, ex miss del quartiere, si impegna per ricavare quanto possibile da questa storia, Manuela è rosa dai rimorsi. Ma ora tornare indietro non è più così facile soprattutto dopo che è accaduto qualcosa di molto simile a un miracolo...
La traccia inequivocabile di Roberta Torre si sposa alla perfezione con gli universi della provincia catanese grondante di umanità, chiassosi e sensitivi, trovando un efficace equilibrio di toni: i colori forti e grotteschi della commedia di costume si intrecciano con un romanzo di crescita che sfiora con grazia motivi anche drammatici. L'ironia vibra di sensibilità, lo sguardo meta-femminile scava nel profondo e non risparmia l'autocritica.

film del week-end precedente

TORRESINO - maggio 2011

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