Apri gli occhi (Abre los ojos)
Alejandro
Amenábar film successivo in archivio - Spagna/Francia/Italia 1998 - 1h 57'

da Cineforum (Ermanno Comuzio)

     Oggi, a Madrid. Un mattino César si sveglia e trova la città deserta. Evidentemente sta sognando, perché poi si sveglia un'altra volta e la vita attorno a lui scorre normalmente. Ma qualcosa deve essere successo perché lo vediamo, con una maschera sulla faccia, rinchiuso in un manicomio criminale e interrogato da uno psicologo. Pare che abbia ammazzato qualcuno…
Nessun film si può raccontare a parole, ma ci sono film che si possono raccontare meno di altri. Tra questi c'è sicuramente
Apri gli occhi, che è un folle puzzle dove non si è sicuri di niente, tutto quello che ci scorre davanti agli occhi può essere indifferentemente vero o falso, realtà o sogno, e si nega continuamente man mano il racconto procede. Dunque il riassunto serve a poco perché non si può sulla pagina dare un'idea neppure approssimativa delle capriole che vi si compiono (d'alto virtuosismo, diciamolo subito: il risultato è di straordinaria suggestione, impossibile non rimanere vittime del sofisticatissimo intreccio). Detto in altre parole, staccare la fabula dal racconto è qui operazione particolarmente ardua. E che si dovrebbe dire, poi, dell'esercizio "critico", come riuscire a dare un'idea del testo proposto?
"Apri gli occhi", scandisce più volte una voce subito all'inizio, ma serve a poco aprirli, scendere dal letto, vestirsi e uscire per la strada, perché ci si accorge di stare sempre sognando. Poi viene il risveglio "vero", ma fino a che punto lo è? Tanto che nel finale ancora la solita voce ci invita ad aprire gli occhi. Concludere che tutto il film è un intero sogno è riduttivo, anche se potremmo essere autorizzati a pensarlo da un particolare dell'inizio: quando César, il giovane protagonista, scende in strada dopo essersi risvegliato "veramente", tra la gente che affolla la città vediamo una troupe cinematografica che sta girando un film. O, magari, questo film, quello che stiamo vedendo. Il fatto è che il sogno viene affermato e negato continuamente non soltanto dalla successione e dagli incastri degli avvenimenti, ma dagli stessi partecipanti al gioco (usiamo questo termine non nel senso di ludus ma in quello di meccanismo, di congegno): ad un certo punto al personaggio dello psicologo che vorrebbe scoprire la verità Stefano rivela che stanno ambedue continuando in quel momento un'esistenza virtuale iniziata tempo prima, e lo scienziato tenta di ribellarsi alla situazione ("Io so di essere reale, ho una mia vita privata, degli affetti cui tu sei estraneo: guardami, toccami, ti sembro un sogno io?"), ma è costretto poi, con sgomento, ad accettare il fatto che lui stesso si trova "dentro" il sogno di César. Ma quello scienziato siamo noi spettatori, anche noi - davanti al film - ci troviamo nella sua situazione, partecipi dell'incubo…

rassegna: cinema invisibile gennaio-marzo '99