Appaloosa
Ed Harris
– USA
2008
- 1h 56'
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Ogni
cinque o sei anni salta fuori una rinascita del western; che poi si smorza
in fretta, fino alla resurrezione successiva. Ciò non toglie che, anche
dopo il declino di quello battezzato da André-Bazin “il genere americano
per eccellenza”, di tanto in tanto arrivi sugli schermi un nuovo film
sulla Frontiera di buona, e anche ottima, qualità: grazie soprattutto,
negli ultimi decenni, a Clint Eastwood e Kevin Costner. La scena si è
riprodotta di recente: con il remake di
Quel treno per Yuma,
profetizzato come capofila di un ennesimo revival e, invece, riuscito
maluccio. Decisamente migliore il risultato di Ed Harris: alla seconda
regia dopo il biopic
Pollock,
l’attore s’è innamorato di un romanzo di Robert B. Parker ambientato in
una cittadina del New Mexico nel 1880 e ne ha fatto un flilm. Vi ha
coinvolto il collega Vigo Mortensen, realizzando la promessa reciproca di
tornare a lavorare insieme dopo
A History of Violence. La storia
riassume i caratteri piu tipici del genere con villaggi oppressi dai
fuorilegge, giustizieri senza paura, amicizie virili, vendette e “gunfight”,
i duelli al sole che rappresentano il clou del paradigma drammatico del
vecchio West.
Randail Bragg (Jeremy lrons), proprietario terriero e spietato capobanda,
ammazza lo sceriffo e i suoi aiutanti onde spadroneggiare a suo piacimento
nel territorio. A mettergli i bastoni tra le ruote arrivano due tutori
della legge dai modi sbrigativi: Virgil Cole (lo stesso Harris), che
s’impegna a difendere la città in cambio dei pieni poteri, e il suo
braccio destro Everett Hitch (Mortensen). Il binomio maschile è la risorsa
migliore di
Appaloosa: uniti da una complicità consolidata nel pericolo, i
due interagiscono alla perfezione senza far spreco di parole, secondo
quella legge non scritta del western che predilige gli eroi laconici e di
molta azione. Gradualmente, però, gli avvenimenti sparigliano le premesse.
Se l’aiutante (apparentemente figura di secondo piano, in realtà la parte
solida del duo) è il piu degno erede del suo socio, il mentore
interpretato da Harris si rivela un uomo stanco del ruolo di giustiziere,
affaticato dal proprio mito e percorso da una violenza interiore che ne
mina l’equilibrio. A far precipitare lasituazione, il duro Virgil
s’innamora di Allison French (Renée Zellweger), vedovella enigmatica e
freddamente calcolatrice. Nell’importanza attribuita al personaggio
femminile risiede un punto di debolezza del film (il western, si sa, è
piuttosto refrattario alle donne); che se da una parte mostra un rispetto
quasi deferente per il mito, dall’altra scambia a tratti l’epica con la
commedia, scontando qualche squilibrio di tono narrativo. In complesso,
però, la missione di Harris è abbondantemente riuscita. Come regista, Ed
conserva un sicuro controllo della macchina da presa, percorre i paesaggi
desertici con solenni panoramiche, riprende i pistoleros a figura intera o
in piano americano (l’inquadratura “ad altezza di colt”). Soprattutto, va
al sodo; senza fronzoli e senza perder tempo. Come un vero eroe del West.
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Roberto Nepoti – La
Repubblica |
Accolto
dal più convinto applauso sentito finora alle proiezioni per la stampa,
Appaloosa
di (e con) Ed Harris è
un western ultraclassico che però non dimentica di interrogarsi sulla
storia del genere e su quella del suo Paese. Raccontando la storia di
Virgil (Harris) e Everett (Viggo Mortensen), chiamati come sceriffi dagli
abitanti di Appaloosa per difenderli dallo strapotere del ricco Bragg (Jeremy
Irons), il film da una parte si riallaccia alla grande tradizione western
(lo spunto ricorda Ultima notte a Warlock, ma anche Sfida infernale) e
dall' altra riprende il tema che Harris aveva esplorato nel suo esordio da
regista (Pollock):
la forza di una vocazione e l' impegno a essere coerente con se stesso
fino in fondo. La presenza della bella vedova Allie (Renée Zellweger), di
cui si innamora Virgil, e la fuga di Braggs dopo essere stato catturato e
condannato per omicidio, complicano la storia e il compito dei due
sceriffi ma non cambiano le carte in tavola. Piuttosto permettono di
approfondire alcuni temi, come il (misogino) «darwinismo» della donna,
pronta a chiedere aiuto a chi, di volta in volta, risulta essere il più
forte; oppure il valore delle scelte morali che, sulla scorta dell'
incitamento alla disobbedienza civile di Emerson in nome delle proprie
convinzioni (citato esplicitamente in una scena), spingono Everett a
difendere l' onore dell' amico Virgil con le pistole - e quindi a rompere
l' amicizia visto che infrangendo la legge non può più stare al suo fianco
come sceriffo - senza che quest' ultimo nemmeno ne sappia la ragione. In
questo modo la riflessione sui compiti dell' uomo e su quello cui si deve
rinunciare per essere coerenti si lega a un' appassionata rivisitazione
delle radici storiche dell' America (il film è ambientato nel 1882) e del
suo genere cinematografico per eccellenza. |
Paolo Mereghetti - Il
Corriere della Sera |
promo |
Virgil e
Everett cavalcano insieme nelle terre selvagge, riportando
l'ordine nelle città vessate dai fuorilegge. Usando parole e
pallottole con eguale efficacia e cura, sceriffo e vice sono
personaggi di grande carattere e non poche sfumature, che devono
affrontare agguati e scontri a fuoco sotto il grande cielo del
West. Ed Harris, rughe autentiche e anima romantica, infarcisce il
film di rinvii sotterranei, metafilmici o espliciti sia al western
classico che allo spaghetti-western e, conservando un sicuro
controllo della macchina da presa, percorre i paesaggi con solenni
panoramiche, inquadra i suoi pistoleros "ad altezza colt”.
L'ennesima rinascita di un genere con una coerenza narrativa e una
intensità di immagini che non possono non appassionare tutti. |