Quanto dura un
amore? "Io so solo che voglio vivere tutta la mia vita con te",
promette Sara a Marco. E lui annuisce. Ma la vita s'incaricherà di fare
andare le cose in modo diverso. Per il suo secondo lungometraggio, il
trentacinquenne torinese Gianluca Maria
Tavarelli
ha scelto un titolo semplice e chiaro: Un amore. Uno dei tanti possibili,
raccontato nel corso del tempo: dai primi anni Ottanta al capodanno del
Duemila, immaginando di riassumerlo in dodici capitoli, resi in piani
sequenza, separati l'uno dall'altro da una breve animazione (di Laura
Federici) che rielabora alcune fotografie. Progetto ambizioso, anche sul
piano stilistico, che il cineasta sviluppa con notevole misura: senza
troppe forzature romanzesche, intrecciando le vicende personali alle
stagioni politiche (la morte di Berlinguer, la caduta del Muro di
Berlino...), restituendo con semplicità i meccanismi dell'innamoramento, i
capricci dell'esistenza, gli scatti d'ira e le ragioni degli affetti.
Dodici capitoli, dunque, per raccontare - come dice il regista - "la
fuggevolezza della nostra vita e il suo condensarsi, come il vapore su un
vetro in un ambiente chiuso, in pochissime gocce". Si comincia dal 19
giugno del 1982, nella discoteca dove Sara (Lorenza Indovina) e Marco
(Fabrizio Gifuni) si sono dati appuntamento con qualche imbarazzo. Anno
dopo anno, passando attraverso convivenze, litigi, furori, abbandoni e
matrimoni falliti, i due continuano ad amarsi, spesso a distanza, magari
sentendo di non essere fatti l'uno per l'altra. Lei è una giovane medica
energica, vitale, appassionata, che non ha rinunciato agli ideali della
sinistra; lui è un avvocato distratto, passivo, innamorato che si ritrova
a difendere politici corrotti. Anche se gli episodi non sono sempre ben
calibrati sul fronte della scrittura,
Un
amore
si impone per la toccante verità delle situazioni e la bella prova degli
interpreti. É probabile che chi andrà a vederlo ritroverà qualcosa di sé
nella defaticante e insieme affettuosa schermaglia amorosa destinata a
concludersi con un lieto fine sulla spiaggia. Ma il film, nel suo insieme,
non è consolatorio, semmai malinconico e ispirato come la poesia di Saba
piazzata sui titoli di coda. |
Un'autentica
sfida quella lanciata dal torinese Gianluca Maria Tavarelli con il suo
secondo lungometraggio
(dopo il bello e sottovalutato
Portami via
del '94): dodici quadri girati in piano-sequenza (e in 14 giorni!) legati
insieme da siparietti animati di 30" ciascuno (opera di Laura Federici).
Dodici piano-sequenza, quindi, per testimoniare i dodici momenti doc
dell'intensa storia d'amore fra Marco e Sara, rivissuta in flashback,
partendo dal 1982, anno del primo incontro avvenuto in una discoteca, e
approdando al 31 dicembre 1999, evento epocale per la Storia e per il
futuro dei due. Il titolo, preso in prestito da una poesia di Umberto Saba,
è anche il paradigma di questo film semplice e articolato, in cui i
piccoli spostamenti della macchina da presa vanno di pari passo con i
piccoli spostamenti del cuore dei protagonisti. Che sono la tenera,
corvina, appassionata Lorenza Indovina, occhi da cerbiatto, pronta a farsi
sopraffare e vincere da quell'amore; e lo splendido svagato Fabrizio
Gifuni, perfetto nei mutamenti che la vita "regala" dopo i trent'anni. |