21 grammi (21 Grams)
Alejandro Gonzales Inarritu
- USA 2003 - 2h 5'

Coppa Volpi per il miglior attore

   Lunico film americano in concorso è firmato dal giovane regista messicano A. Gonzales Inarritu, del quale nella passata edizione del festival era stato molto apprezzato l’episodio di 11 Settembre per la drammatica essenzialità delle immagini: la caduta libera dei corpi dalle Twin Towers con totale assenza di colonna sonora. Del tutto opposta appare la scelta stilistica di questo film, che sia per la costruzione narrativa a mosaico (incastro), peraltro già presente nel suo primo film Amores perros, che per le situazioni evocate e la drammaticità dei temi trattati si può sicuramente ascrivere all’estetica neo-barocca.>>
Raccontarne la storia sarebbe un tradimento nei confronti delle intenzioni dell’autore, che in conferenza stampa ha dichiarato che il percorso del racconto è un dono che egli fa allo spettatore che deve partecipare attivamente ricomponendo i vari tasselli del mosaico in cui la storia è stata smembrata. Basti dire che il film ruota attorno ai destini incrociati di tre personaggi: Paul (Sean Penn) un professore di matematica gravemente malato di cuore, Cristina (Naomi Watts) segnata da un grave lutto recente e Jack (Benicio Del Toro) ex-truffatore nonché fanatico religioso.
Come in
Amores perros Gonzales Inarritu film successivo in archivio continua a riflettere sulla casualità del destino, sulle regole inafferrabili e nello stesso tempo fluide del tempo e in particolare sul concetto di perdita. Perdita di cosa? “della fede, dell’innocenza, degli amici, dei genitori, della verginità, dei capelli, dei denti e infine della vita. E’ questo che ci succede. Quando moriamo se ne vanno 21 grammi di peso, che forse è il peso dell’anima. L’ho letto in un libro francese, metafora stupenda.”
Basterebbe questa dichiarazione per capire in quale terreno melmoso il regista e il suo fedele sceneggiatore Guillermo Arriaga si siano inoltrati. E in effetti i risultati non sono del tutto all’altezza delle intenzioni. L’eccessiva drammaticità delle situazioni esistenziali dei personaggi a volte risulta stucchevole, rasentando talora il ridicolo (vedi la sequenza in cui Penn, nel pieno di un arrapamento amoroso rivela alla smaniosa Watts di avere il cuore di suo marito morto). Fortunatamente i 21 grammi del titolo “non vengono rappresentati visivamente” e il film punta soprattutto sull’evoluzione interiore dei personaggi e sulla loro capacità o meno di superare le perdite, recuperando se stessi. Personaggi interpretati magistralmente dagli attori protagonisti e da altri minori come Charlotte Gainsbourg e Clea Duvall e ripresi con grande maestria dall’autore.
Sicuramente l’aspetto più interessante del film riguarda la struttura narrativa a mosaico che mescola i diversi piani temporali e racconta gli stessi avvenimenti modificando il punto di vista: “la frammentazione del racconto vuole riprodurre la frammentazione del reale così come noi lo percepiamo, come se i personaggi ci raccontassero via via frammenti della loro vita, come succede quando si chiacchiera con gli amici. Solo alla fine del film tutte le tessere del mosaico si ricompongono e ognuna trova la sua collocazione. La struttura esalta la tensione drammatica: togliendo uno dei tasselli l’architettura crollerebbe.” dichiara il regista e sicuramente in questo senso è ammirevole il lavoro di sceneggiatura che sta dietro il film e che ha richiesto ben tre anni di lavoro.
Ma se questo comporta sicuramente una sfida accattivante per lo spettatore che alla fine del film deve ricostruirsi il suo percorso narrativo, è proprio giusto che ogni tassello trovi la sua esatta collocazione o non sarebbe stato più stimolante, dati anche i temi trattati, che la soluzione del gioco non fosse così univoca, ma lasciasse spazio all’ambiguità e ad un più ampio spettro di possibilità combinatorie, come ha fatto magistralmente Lynch in uno dei suoi film più belli
Mulholland Drive?
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Cristina Menegolli - MC magazine 8 - ottobre/novembre 2003