Vento di primavera
(La Rafle)
Rose Bosch -
Francia,/Germania/Ungheria
2010
- 1h 55' |
1942.
Estate. Dopo l'invasione da parte delle truppe della Germania hitleriana
gli ebrei sono stati prima obbligati a portare la Stella di David sugli
indumenti, e poi sono stati progressivamente esautorati dai loro impieghi
e impediti ad accedere a scuole e luoghi pubblici. Ma ora Hitler ha deciso
di procedere allo sterminio di massa e vuole che il governo
collaborazionista insediato a Vichy gli procuri dalla sola Parigi almeno
20.000 dei 25.000 ebrei residenti. I suddetti verranno dapprima condotti
in campi di raccolta in territorio francese e poi, una volta ultimati i
lavori per i forni crematori nei lager, avviati a morire. Il maresciallo
Pétain aderisce senza difficoltà alla richiesta e la notte del 16 luglio
(i tedeschi avevano chiesto il 14 dimenticando la festa nazionale) la
retata si svolge. Tredicimila uomini, donne e bambini ebrei vengono
prelevati dalle loro abitazioni e portati nel Vélodromo d’Hiver, prima
tappa del loro calvario.
Il punto di vista che il film assume è quello di alcuni bambini che vivono
nel quartiere di Montmartre e, in particolare quello del decenne Joseph.
Vogliamo concentrarci sull’invito a vedere il film superando
l’atteggiamento che è stato purtroppo fatto proprio da alcuni di quelli a
cui il produttore Ilan Goldman (forte del successo di
La
vie en rose) si è rivolto perché
partecipassero all’impresa. “È storia antica”, “Non importa a nessuno”.
Non è storia antica e la regista Rose Bosch è riuscita nell’intento di
farcela percepire come purtroppo attuale. Intendiamoci: tutto è
filologicamente coerente con l’epoca con cui si sono svolti i fatti. Fatti
che il cinema francese non aveva mai affrontato con tanta precisa e
documentata forza se non in un documentario televisivo e che ora
riemergono come memoria del passato ma anche come monito sul presente.
La Bosch lavora su una tripartizione narrativa. Da un lato Hitler nel suo
buen retiro del Berghof, dall’altro Pétain, Laval e i loro accoliti e, nel
mezzo, le famiglie ebraiche colte nella loro quotidianità all’interno
della quale sono stati inoculati ad arte (anche grazie al media più
diffuso all’epoca, la radio) i germi del più irrazionale ma efficace
disprezzo per l’altro. Alimentandolo con la ripetizione delle menzogne in
modo da assuefare le menti all’idea della ‘normalità’ dell’emarginazione.
Il film non accusa ‘i francesi’ tout court e anzi sottolinea il fatto che
se dei 25.000 ebrei 12.000 sono sfuggiti alla retata lo si deve a parigini
che li hanno aiutati mettendo a repentaglio la propria esistenza. Ma resta
comunque impressa nelle retine la gestione dell’intera operazione da parte
di uomini che non indossano le divise delle SS o della Wehrmacht ma quelle
delle forze dell’ordine e militari francesi. Allora per quegli sguardi
infantili diventa ancor più difficile anche solo tentare di darsi una
spiegazione di quanto accade. Così quando si assiste alle scene delle
migliaia di esseri umani ammassati con pochissime cure e senz’acqua nel
Velodromo non possono non tornare alla mente le immagini dello stadio di
Santiago del Cile dopo il colpo di stato di Pinochet.
Ma c’è un momento in cui si percepisce lo iato che si è insediato tra
realtà e pregiudizio. Quando il dottor Sheinbaum (interpretato da un Jean
Reno in cui solidità fisica e morale formano un tutt’uno) grida dinanzi
all’ennesimo sopruso: “Non ne avete il diritto!” è la coscienza civile, è
un’umanità vinta ma non piegata, è la Ragione che grida con lui. Ma in
quello stesso istante lo spettatore ‘sente’ che si tratta di un appello irricevibile da chi sta dall’altra parte. Una parte per la quale la parola
diritto ha perso qualsiasi valore, qualsiasi possibilità di confronto in
cui essa torni a individuare un senso che sia davvero comune.
Chiediamoci se questo svuotamento di significati fondamentali non abbia
trovato anche nella nostra società contemporanea una sua consistenza.
Chiediamocelo riflettendo sulla risposta che ci siamo dati e ringraziando
questo film per avere suggerito la domanda.
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Giancarlo Zappoli - mymovies.it |
promo |
Francia, luglio
1942. L'11enne Joseph vive insieme alla sua famiglia nella Parigi
occupata dai Nazisti e, insieme ad altre migliaia di ebrei, ha
trovato riparo nel quartiere di Montmartre, dove spera di riuscire
a sopravvivere. Tuttavia, una mattina, tutti gli ebrei vengono
rastrellati e ammassati al Vélodrome D'Hiver e da lì condotti al
campo di concentramento di Beaune-La-Rolande. In quel momento si
compiranno i destini di tutti: vittime e carnefici. Il film, che
assume l punto di vista dei bambini, non accusa ‘i francesi’ tout
court (anzi sottolinea il fatto che se dei 25.000 ebrei 12.000
sono sfuggiti alla retata lo si deve a parigini che li hanno
aiutati mettendo a repentaglio la propria esistenza), ma resta
comunque "spiazzante" la gestione dell’intera operazione da parte
di uomini che non indossano le divise delle SS o della Wehrmacht
ma quelle delle forze dell’ordine e militari francesi. Allora per
quegli sguardi infantili diventa ancor più difficile anche solo
tentare di darsi una spiegazione di quanto accade. |
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LUX
- gennaio 2011
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