Vania sulla 42a strada
(Vania on 42nd Street) |
Parole. Quasi solo parole. Parole e volti, parole e luci, sguardi e discorsi. Chiusi in un fatiscente teatro della 42a strada di Manhattan, un po' cripta gotica, un po' caverna di Platone, il regista André Gregory e i suoi attori provano - senza costumi, senza quinte teatrali, senza "messinscena" né finzione - il testo immortale dello Zio Vania di Cechov. Teatro nel teatro, dunque: ma anche cinema. Cioè ritmo, visione, emozione. Con una regia misuratissima e struggente, Louis Malle ritrova la troupe di un suo vecchio film americano (My Dinner with André, 1981) e scava dentro la malinconia del capolavoro cechoviano con un accuratissimo gioco di piani sequenza e di primissimi piani. Nelle luci fioche del teatro vuoto, sullo sfondo di marmi scalcinati o nel buio pesto del nero di scena, Malle fa di ogni volto un'architettura visiva, evita la banalità del campo/controcampo e aggira la tentazione del primo piano televisivo. Fra sussurri scopici e grida dell'anima, ci si sente dalle parti di Bergman o del Woody Allen di Interiors. E si esce dal cinema col cuore gonfio di gratitudine verso chi, per due ore, ha saputo farci ritrovare il sentimento della malinconia della vita. Esplosivo. |
Gianni Canova - La Voce |