In
previsione dell’Expo del 1992, le autorità di Siviglia vogliono ripulire la
città dalla criminalità. Per farlo istituiscono gruppi scelti con poteri
speciali. Tra questi il più efficace è il Grupo 7, guidato dal giovane
Àngel e dal veterano Raphael. Due personalità opposte: ambizioso e corretto il
primo, ombroso e brutale il secondo. Ma le cose cambiano e mentre il Grupo 7
macina successi a colpi di imbrogli, pestaggi e coercizioni, Àngel e Raphael si
trasformano in quello che non avrebbero mai immaginato di diventare.
Alberto Rodríguez
parte da documenti processuali degli anni 80 e sceglie di raccontare la parte
più intima, e sorprendentemente più politica, di una squadra di poliziotti.
Simile per intreccio e uso dell’elemento temporale (il grande evento pubblico
che incombe) a Tropa de Elite,
Grupo 7
non scade nella santificazione della violenza come male necessario, ma ne
racconta l’origine intima e collettiva. I membri della squadra, nell’adempimento
del loro lavoro, si compattano e diventano famiglia, includendo complici
(esemplare l’evoluzione nei confronti della prostituta Mogano) ed escludendo
famiglia, istituzioni e, quindi, società civile. «Faccia come ha sempre
fatto: si giri dall’altra parte» dice l’ormai duro Àngel a un accusatorio
procuratore, stanco per le lamentele sui metodi del gruppo. Un poliziesco duro,
efficace e profondamente politico, a cui si perdonano anche le scivolate di
stile (la vendetta della comunità criminale), anche grazie a una catartica
bevuta finale.
|