Vincitore di
premi in diversi festival internazionali,
L'ultimo cinema del mondo
di Alejandro Agresti
è un film poetico e surreale che a tratti evoca la
grande letteratura latino-americana: da Borges a Márquez. Tassista a
Buenos Aires, la giovane Soledad (Vera Fogwill) pianta tutto, ruba il taxi
al principale e viaggia fino in Patagonia. Un incidente la obbliga a
fermarsi in un villaggio sperduto, dove l'unica forma d'intrattenimento è
rappresentata dai film che si vedono nell'ultimo cinema del mondo. Salvo
che le pellicole, già proiettate infinite volte, sono così massacrate e
piene di tagli da rendere ormai incomprensibili le storie. L'effetto
dell'esposizione ai fotogrammi è la perdita delle facoltà logiche degli
abitanti. Il giovane critico cinematografico del paese, Pedro, è
dislessico: il che non impedisce a Soledad di innamorarsene e di sposarlo.
In una notte di temporale, si materializza l'idolo del villaggio, Edgar
Wexley (Jean Rochefort), eroe di tante pellicole in bianco e nero che per
gli abitanti sono l'equivalente della vita vera. Ma è imminente l'arrivo
di un altro ospite inatteso: la tv. Soledad se ne va assieme a Pedro,
perché "un villaggio con la televisione è uguale a tutti gli altri
villaggi". L'argentino Agresti mette in scena un piccolo elogio della
follia con tocco lieve e ispirato. I paesani sono pazzi e fuori dalla
realtà ma felici. L'auspicio finale è che il cinema continui a vivere.
|