da Il Corriere della Sera (Tullio Kezich) |
Rapidi
e invisibili tornano i sommergibili, uno dei temi che il cinema di
guerra predilige da sempre. Ritrovando il fiuto delle sue imprese
produttive più memorabili e senza badare a spese,
Dino De Laurentiis (associato alla moglie Martha) ha ricostruito
in U-571
(menzione d’onore per gli artigiani e i tecnici di Cinecittà) un sottomarino
tedesco e uno americano che si scontrano nella Seconda Guerra Mondiale.
Sui giornali si è parlato della vicenda storica che sta dietro il
film, la cattura da parte degli alleati di un codice segreto custodito
nella cassaforte di un U-Boot. Solo che in realtà l’operazione fu
condotta dagli inglesi, mentre sullo schermo gli eroi sono americani:
donde proteste a Londraquizn°89.
Agli effetti spettacolari, comunque, la variante è di scarso rilievo.
Certo, il venerando produttore è ancora in grado di impartire una
lezione su come si fanno i film alla grande; ma l’effetto kolossal
non esclude un notevole rigore che diventa quasi uno stile. Affermatosi
tre anni fa con Breakdown, sempre
sotto le insegne di De Laurentiis, il regista Bill Mostow rivela un
mestiere che non è da principiante, un senso del ritmo infallibile
e un piacere dell’effetto. Imprigionato in quelle bare d’acciaio che
trasmettono una tremenda sensazione di claustrofobia, gli interpreti
sono stati coraggiosamente scelti al di fuori del divismo: sicché
Matthew McConaughey, Bill Paxton, Harvey Keitel, John Bon Jovi e compagni
rischiano di apparire quasi veri in un’avventura ai limiti dell’inverosimile.
Insomma è come se Dino, che arriva dal nostro cinema anni ’40, avesse
tradotto
Uomini sul fondo nel linguaggio hollywoodiano degli
effetti speciali rispettando in qualche misura l’austerità dell’archetipo. |
da La Repubblica (Roberto Nepoti) |
Un
poderoso revival di cinema sulla seconda guerra mondiale sta richiamando
in servizio le forze di mare, di terra e di cielo. In attesa
dell'imminente Pearl
Harbor, si può ripassare il repertorio dei film di sommergibili grazie a
U-571
di Jonathan Mostow. 1942, battaglia dell'Atlantico. A bordo del sottomarino
tedesco U-571 c'è Enigma. Sembra una banale macchina da scrivere, invece è un
dispositivo di decodifica segreto: se gli alleati ne venissero in possesso,
potrebbero mettere fine alle stragi delle proprie navi da parte dei nazi. Così
camuffano un vecchio sottomarino americano S-33 da U-Boot e tentano un colpo di
mano alla cavallo di Troia per arraffare Enigma. Fanno parte della missione
Matthew McConaughey, ufficiale in seconda dotatissimo però troppo umano per il
comando, il nostromo Harvey Keitel e Jon Bon Jovi. L'azione a sorpresa riesce,
ma qui comincia la parte più difficile. Intrappolati a bordo del sommergibile
nemico, in avaria e disarmato, gli eroi superstiti devono difendersi da
micidiali aggressioni sopra e sotto il livello del mare. Ispirato a un episodio
autentico (di cui, in realtà, fu protagonista la Marina Britannica; e il falso
storico ha fatto arrabbiare gli inglesi),
U-571 è il genere di film dove
tutto si sa in anticipo: le bombe di profondità, lo scafo che non regge la
pressione, il sacrificio del più giovane, il crucco traditore, l'unico siluro
che parte e colpisce quando ormai tutto sembrava perduto. Si guardi, però, il
modo in cui Mostow utilizza gli spazi claustrofobici del sommergibile.
Soprattutto nell'attacco dei tedeschi finti contro i tedeschi veri: la
"logistica della percezione" sposa il punto di vista degli attaccanti
(quindi dello spettatore) e introduce nelle viscere del sottomarino come fossimo
noi stessi a doverci aspettare, da un istante all'altro, l'agguato. |
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