Piccola
premessa a uso dei diffidenti. Se al cinema cercate la meraviglia, se
credete che lo spaesamento sia un dono prezioso, se avete il sospetto che
per sentirsi altrove non si debba per forza viaggiare nel cosmo, allora
non perdetevi
Tulpan,
cioè tulipano. Purché vi piacciano gli animali e siate disposti a farvi
trasportare nell'immenso e remoto Kazakistan, paese ricco di uranio e
petrolio, ma anche terra d'origine proprio dei tulipani, uno dei luoghi
più misteriosi rimasti sulla mappa del mondo contemporaneo.
Premiato a Cannes 2008 come film-rivelazione, lo ha diretto un regista che
viene dal documentario ed è un vero artista. Dunque usa lo spazio, la
luce, i colori, e i suoni, i tempi, i ritmi di ciò che accade per creare
un mondo coerente e profondo, esotico e insieme familiare. Perché i
sentimenti sono universali e questo vale anche per i personaggi di
Tulpan.
Che non sono solo uomini e donne ma pecore, asini, mucche, cammelli
(soprattutto cammelli). Dei quali il film coglie la vicinanza, se non
l'intimità, che li rende tutt'uno con i loro padroni. Come se non solo la
vita materiale dei protagonisti ma i loro sentimenti dipendessero dagli
animali, e viceversa, in un gioco di rimandi che dà le vertigini e che di
rado il cinema ha espresso con più verità.
Ma andiamo con ordine. Il protagonista di
Tulpan
si chiama Asa e cerca moglie, merce rara in quel paese semispopolato.
All'inizio lo vediamo vestito da marinaio (un ricordo del servizio
militare) e accompagnato dal cognato pastore, intontire di favolosi
racconti di mare la famiglia della giovane Tulpan, che il mare
probabilmente non lo ha mai visto. Ma non attacca. A Tulpan non
piace. Ha le orecchie a sventola, è mingherlino, parla parla ma sarà
capace di mantenerla? Anche il patriarcale Ondas, suo
cognato, inizia a disperare. Senza una donna non si sopravvive nelle
steppe del Betpak. E poi Asa è un sognatore, non è adatto a quel mondo
duro e primordiale. Intanto i giorni passano tutti uguali, bimbi e animali
scorrazzano beati, i piccoli spidocchiano il padre sotto la tenda o gli
recitano le notizie sentite alla radio, Asa corteggia invano l'invisibile
Tulpan, a una cert'ora passa la solita tromba d'aria. Unica novità è un
veterinario motorizzato che sembra il cugino smilzo di Jean Gabin,
perseguitato da una mamma cammello che non gli perdona di aver caricato il
suo cucciolo malato sul sidecar.
Scena irresistibile, comica e lirica insieme, che condensa l'incanto di
questo mondo arcaico e surreale, abitato da marinai arenati nelle steppe
che disegnano i loro ingenui sogni di felicità dietro l'ampio colletto
della divisa. Una favola contemporanea. Che a forza di paesaggi, prove da
superare, "intimità" fra adulti, bambini, animali, evoca un mondo in via
di estinzione ma sepolto nella memoria ancestrale di ognuno di noi. |