Transamerica
Duncan Tucker - USA 2005 - 1h 43'



sito ufficiale

da La Repubblica (Roberto Nepoti)

      I modelli di narrazione su cui si articola Transamerica sono tra i più classici: il road-movie, il film di strana coppia, la commedia degli equivoci. Lo sono molto meno i suoi protagonisti: un transessuale "pre-op", Bree, che per ottenere l'autorizzazione all'intervento chirurgico da cui uscirà definitivamente donna è costretto a incontrare il figlio teenager concepito ai tempi del college, quando si chiamava ancora Stanley; e lo stesso Toby, ragazzo drogato che si prostituisce per campare, sognando un avvenire come attore porno.
L'equivoco principale è basato sul fatto che Toby, uscito dal carcere per iniziativa di Bree, ne ignora la vera identità; ma, ben lontano dal sospettare che si tratti del padre di cui è alla ricerca, la crede una damina di carità. Né Bree lo smentisce, desiderando soltanto sbarazzarsene il più velocemente possibile.
Intanto, però, deve portarselo in viaggio per l'America, da nordest e sudovest. Lo schema del viaggio on-the-road come attraversamento sia geografico, sia dei territori sconosciuti della personalità umana, non è certo cosa inedita. Basta guardare l'epilogo però, con la macchina da presa che osserva da una finestra prima di allontanarsi pudicamente, per rendersi conto che questo film indipendente dista le mille miglia dalle convenzioni del cinema "mainstream": laddove Hollywood avrebbe chiuso il cerchio nel solito lieto fine consolatorio, qui il rapporto genitore-figlio è appena all'inizio; più che una soluzione, una possibilità.
Non si vede spesso una commedia con tante virtù: civiltà di propositi, ottimi dialoghi, ritmo vivace, bella fotografia, una grande interpretazione. Quella di Felicity Huffman, ignota fino a ieri al grande pubblico, poi diventata celebre nel ruolo della "casalinga disperata" Lynette e candidata all'Oscar come migliore attrice protagonista (candidatura anche per
Travelin'Thru di Dolly Parton, quale miglior canzone originale).
Lei, la statuetta, se la meriterebbe tutta; per come ha sottoposto il corpo a un trucco deformante e delicato insieme, calandosi poi in un personaggio che è un crogiolo di dolore, humour, amarezza, determinazione. Trovare tanta umanità in un "carattere" cinematografico è cosa che, in una stagione, capita un numero di volte da contare sulle dita.

da Il Messaggero (Fabio Ferzetti)

    Voce bassa, gesti incerti, chioma in rivolta, fondotinta dato con la pala. Nel ruolo del trans imbottito di ormoni che sta per cambiare sesso definitivamente, un’attrice meno straordinaria di Felicity Huffman suonerebbe assurda o patetica. L’ex-"casalinga disperata" invece è perfetta, un portento di semplicità e umanità, la vera ragione per non perdere Transamerica. Tanto più che esce miracolo! anche in originale con sottotitoli. Poi magari dare a un trans over 40 di buona cultura un figlio che non sapeva di avere, per giunta gay, marchettaro, ignorante e drogato, è un colpo basso; mandarli su e giù per l’America su un’auto scassata (lui ovviamente non sa chi sia quella strana signora...) può sembrare abusato; ed è vero che avvicinandosi al fatidico momento della verità, dopo mille peripezie ora comiche ora toccanti, l’esordiente Duncan Tucker sbanda e sfiora la sit-com. Ma tolti un paio di scivoloni questo road movie terminale esplora con grazia, leggerezza e vera emozione una materia non facile. Facendo del reciproco scoprirsi di questi due "dropout" anche una calzante metafora di quel mutevole complesso di verità biologiche, codici sociali e finzioni personali che chiamiamo identità. Non è poco, a ben vedere. E la performance della Huffman da sola vale più di qualsiasi Oscar.

l'altra faccia del cinema

promo

Bree è un transessuale. Alla vigilia dell'intervento chirurgico che la ridefinirà sessualmente, scopre di avere un figlio, Toby, nato vent'anni prima dal suo unico rapporto eterosessuale. La psicoterapeuta, che prepara Bree a "passare" alla sua nuova condizione sessuale, la costringe a confrontarsi con il ragazzo e con il passato... Una road movie che scava tra le certezze e le ipocrisie dell'America d'oggi, un grottesco work in progress sui rapporti sociali, un inno alla tolleranza in uno spiazzante relativismo di ruoli e affetti. Audace senza scandali, una commedia un po' acida e assai divertente, tutta sulle spalle della magnifica (e credibile) Felicity Huffman di Desperate Housewives.

i giovedì del cinema invisibile TORRESINO aprile-giugno 2006