da La Repubblica (Roberto Nepoti) |
I
modelli di narrazione su cui si articola
Transamerica
sono tra i più
classici: il road-movie, il film di strana coppia, la commedia degli
equivoci. Lo sono molto meno i suoi protagonisti: un transessuale "pre-op",
Bree, che per ottenere l'autorizzazione all'intervento chirurgico da cui
uscirà definitivamente donna è costretto a incontrare il figlio teenager
concepito ai tempi del college, quando si chiamava ancora Stanley; e lo
stesso Toby, ragazzo drogato che si prostituisce per campare, sognando un
avvenire come attore porno. |
da Il Messaggero (Fabio Ferzetti) |
Voce bassa, gesti incerti, chioma in rivolta, fondotinta dato con la pala. Nel ruolo del trans imbottito di ormoni che sta per cambiare sesso definitivamente, un’attrice meno straordinaria di Felicity Huffman suonerebbe assurda o patetica. L’ex-"casalinga disperata" invece è perfetta, un portento di semplicità e umanità, la vera ragione per non perdere Transamerica. Tanto più che esce miracolo! anche in originale con sottotitoli. Poi magari dare a un trans over 40 di buona cultura un figlio che non sapeva di avere, per giunta gay, marchettaro, ignorante e drogato, è un colpo basso; mandarli su e giù per l’America su un’auto scassata (lui ovviamente non sa chi sia quella strana signora...) può sembrare abusato; ed è vero che avvicinandosi al fatidico momento della verità, dopo mille peripezie ora comiche ora toccanti, l’esordiente Duncan Tucker sbanda e sfiora la sit-com. Ma tolti un paio di scivoloni questo road movie terminale esplora con grazia, leggerezza e vera emozione una materia non facile. Facendo del reciproco scoprirsi di questi due "dropout" anche una calzante metafora di quel mutevole complesso di verità biologiche, codici sociali e finzioni personali che chiamiamo identità. Non è poco, a ben vedere. E la performance della Huffman da sola vale più di qualsiasi Oscar. |
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i giovedì del cinema invisibile TORRESINO aprile-giugno 2006