Al cinema la guerra può essere
raccontata in due modi. C’è un filone che utilizza il registro epico,
sceglie una vicenda di ampio respiro e, volando come un rapace, ci mostra
il contesto e planando si concentra sui fatti; il secondo, invece, è un
filone di racconto di situazioni. L’ultimo film di Ermanno Olmi,
torneranno i prati,
scritto rigorosamente tutto in minuscolo, fa parte di questa seconda
categoria. Olmi con
torneranno i prati
riesce a ritrovare forza e
lucidità, utilizzando quella semplicità che ha reso grandi i suoi
capolavori. |
Alberto Fassina - La Difesa del Popolo
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Lungi dall'essere consolatorio, il titolo dell'ultimo film di Ermanno Olmi, torneranno i prati, ha un senso amaro: allude all'ipocrisia della Storia riguardo le migliaia e migliaia di vittime sepolte sotto la neve durante la Grande Guerra, di cui tutti saranno pronti a dimenticarsi al primo riapparire dell'erba, ovvero in tempo di pace. E insieme a quei corpi sarà rimosso l'orrore assoluto di una guerra ingiusta e inaccettabile come qualsiasi altra guerra: questo il messaggio, forte e radicale, del maestro bergamasco. (...) il film inscena una specie di fantasia onirica, un affresco fra l'astratto e l'espressionista (in certi momenti si pensa alla pittura del tedesco Kiefer Anselm) nutrito dell'humus di una zona che non solo è stata feroce teatro di scontro e abbonda di ossari, steli, croci; ma è anche il luogo di vita e riflessione dell'autore, come si sa asiaghese d'elezione. Racconti paterni a parte, Olmi si è familiarizzato con la guerra girovagando nei boschi intorno a casa, conversando davanti al fuoco con l'amico «Sergente della neve» Mario Rigoni Stern, e ascoltando i paesani a partire dal «recuperante» Tony Lunardi. Non poteva che essere ambientato lassù sulle sue montagne, a un chiarore lunare che trasecola ogni cosa in una sorta di metafisico bianco e nero, questo accorato appello «contro»: contro le carneficine e il Potere, in nome degli uomini di buona volontà sotto ogni cielo. |
Alessandra Levantesi Kezich - La Stampa |
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Fronte Nord-Est, dopo gli ultimi sanguinosi scontri del 1917 sugli Altipiani. Il racconto si svolge nel tempo di una sola nottata. Gli accadimenti si susseguono sempre imprevedibili: a volte sono lunghe attese dove la paura ti fa contare, attimo dopo attimo, fino al momento fatale in la pace della montagna potrà diventare il luogo dove chiudere la proria esistenza. Il passato appartiene alla memoria (tutto ciò che si narra in questo film è realmente accaduto) e ciascuno lo può evocare secondo il proprio sentimento. Olmi "sente" quella pace e quella sofferenza e ritrova qui forza e lucidità e quella semplicità che ha reso grandi i suoi capolavori. |
LUX - dicembre 2014 |