…Hitchcock
fa risalire gli inizi della carriera a
The Lodger,
suo primo grande successo e - pura coincidenza? - suo primo film di
«suspense».
The Lodger
era l’adattamento, curato dallo stesso Hitchcock
e da Elliot Stanna di
un noto e apprezzato
romanzo
di Mrs. Belloc Lowndes. Era la prima volta che Hitch collaborava alla
sceneggiatura. Da questo fatto possiamo trarre due conclusioni: la
prima è che Balcon doveva avere già molta fiducia in lui; la seconda,
che questo soggetto gli interessava in modo particolare e, nei suoi
piani, gli avrebbe consentito di fare un colpo grosso. Il calcolo si
rivelò esatto: il film ebbe una
accoglienza molto favorevole da parte della critica e del pubblico, e
il nome di Hitchcock, in un ambiente cinematografico già sclerotizzato,
divenne celebre da un giorno all’altro.
In effetti, gran parte di quel che diventerà il famoso «Hitchcock
touch» è contenuta in una variazione ben costruita sul tema di Jack lo
Squartatore. La storia è la seguente: Londra è terrorizzata da un
maniaco omicida, «lo Squartatore». Un giovane giunge in una pensione
familiare e il suo strano comportamento subito insospettisce la
padrona di casa, tanto più che corteggia la figlia, fidanzata di un
poliziotto. Denunciato, arrestato, fugge, manette ai polsi, inseguito
dalla folla che vuole linciarlo. In extremis, viene scoperto il vero
colpevole. Lo straniero sposerà la figlia dell’affittacamere.
Già qui possiamo trovare certi temi o certi particolari che
ritorneranno di frequente nei film successivi. L’innocente: tutto
sembra congiurare contro di lui e il suo comportamento suggerisce
inevitabilmente la colpevolezza; le manette: simbolo di una libertà
alienata; gli oggetti (nel nostro caso, un attizzatoio): si
attribuisce loro una funzione di minaccia che in realtà non hanno.
Rileviamo, inoltre, una ossessione dell’iconografia cristiana: il
protagonista, impigliato con le manette a una cancellata e la folla
che lo schernisce, evoca irresistibilmente il Cristo in croce.
E
poi,
The Lodger
dà prova già di un virtuosismo e di un senso visivo notevoli.
L’apertura del film è abbagliante: primo
piano della mano di un uomo
sulla rampa di una scala; una panoramica ci mostra la tromba delle
scale
dove l’ombra e la luce
sono distribuite in una maniera inquietante.
L’uomo esce nella notte. Inquadratura di un giornale che annuncia un
nuovo delitto.Lungo tutto il film, abbondano le trovate di questo
genere insieme a un certo preziosismo della fotografia, come in quella
sorprendente immagine che presenta un cadavere di una donna dai
capelli biondi (l’assassino preferisce le bionde), illuminati da
sotto, che lacerano l’oscurità. Oppure, come in quell’altra
inquadratura dal basso verso l’alto, che mostra, grazie a un soffitto
trasparente, l’andirivieni dello straniero nella sua camera.
Una abilità nella tecnica che comporta un certo cinismo. Essa tradisce
infatti un atteggiamento di mistificazione che Hitchcock sublimerà
solo molti anni dopo e che ancora inficia certi suoi film inglesi […]
The Lodger
resta nondimeno un film altamente rivelatore delle tendenze del nostro
cineasta. Esso fornisce, nella persona dell’interprete principale,
Ivor Novello, un perfetto esempio di un certo tipo di attore
hitchcockiano: bello, inquietante, d’una dolcezza strana e triste,
affetto di romanticismo. |