The Killing |
Agli inizi fu Hill Street giorno e notte (Hill Street Blues). Era il 1981 e quei telefilm non si chiudevano con la risoluzione del caso ma si “inseguivano” l’un l’altro approfittando della serialità non tanto per proporre nuove indagini, quanto per meglio delineare ambienti e personaggi. D’altra parte bisogna andare al 1963 per datare l’apertura di un meccanismo seriale che prolungasse il tempo dell’indagine oltre l’ora classica del palinsesto televisivo. Si trattava de Il fuggiasco (The Fugitive) che negli USA andò in onda per 4 stagioni (30 episodi ciascuna, di cui gli ultimi a colori) e che anche in Italia ebbe un notevole seguito. Qui allo sviluppo iterato del processo narrativo (in realtà un loop estenuante che riportava ogni volta la vicenda ad un nuovo punto morto) l’evoluzione dei protagonisti era pressoché nulla, con il dott. Kimble la cui innocenza era ben acquisita dallo spettatore e con il tenente Gerard, segugio implacabile accecato dal proprio ruolo investigativo.
Il richiamo a questi due esempi di serialità “capostipite” è d’obbligo poiché nel proliferare in questi anni di appuntamenti televisivi polizieschi il gioco drammaturgico-partecipativo ha puntato essenzialmente sulla definizione sempre più consolidata di personaggi e ambienti tendendo però a chiudere i singoli casi nello spazio-tempo di uno “slot” canonico: il tempo dell’azione si può prolungare se l’avventura seriale investe situazioni che facciano capo ad un registro spionistico complesso (24, Homeland), ma, se giallo e noir hanno potuto trovare un più strutturato arco temporale nella produzione cinematografica del grande schermo, il serial poliziesco ha avuto da una parte il respiro corto nella complessità virtuale del caso, dall’altra il ritmo frenetico nel susseguirsi dei tempi dell’indagine. |
L’irrompere sulla scena di The Killing (AMC 2011) ha dato, in questo senso, una memorabile scossa: un caso che si prolunga per 26 giorni/episodi, atmosfere tese e incombenti ma un ritmo pacato, dal passo implacabile e animato da continui contraccolpi nell'investigazione: soluzioni d'indagine che si affacciano convincenti e che in una, due puntate perdono credibilità e mordente, personaggi che catalizzano dubbi e presunta colpevolezza ma i cui connotati negativi sono destinati ad una successiva riabilitazione. E, d'altro canto, un affollarsi di protagonisti saturi di ambiguità con responsabilità sempre più difficili da dissipare... Su queste basi narrative già di per sé originali (è straordinario come il tempo dell'indagine così lento e prolungato sappia avvincere e crescere in partecipazione ed angoscia) s'innesta una coreografia d'insieme accurata nelle sfaccettature psicologiche e pregnante nel background ambientale.
Seattle, con il suo grigiore morale e la sua fitta trama di pioggia, accompagna un'indagine di sofferto coinvolgimento emotivo. Non è che un “banale” omicidio di una giovane ragazza (Rosie Larsen), ma truci rivelazioni e insinuanti sospetti rimbalzano su tutto il contesto cittadino, lacerano la famiglia Larsen (di un'intensità memorabile lo struggimento progressivo di padre, madre e zia) e sconvolgono l'intera comunità non trascurando politici, insegnanti, imprenditori, responsabili di polizia...
E se da una parte l'orrore del delitto non viene esibito nel macabro
rituale dell'esecuzione, ma negli strascichi angosciosi delle sue
conseguenze nel conflitto delle coscienze, dall'altra il gioco sottile
della messa in scena parte ponendo inizialmente in cattiva luce Rosie,
per renderla però poi sempre più umana e sfortunata (“wrong
place in the wrong time”): una presenza/assenza che sa suscitare alla
fine tenerezza e compassione.
Linden, che all'inizio della vicenda sta per lasciare il suo ufficio per trasferirsi in California e sposarsi (col suo analista!), ha un figlio adolescente di non facile gestione e un ex-marito, da tempo assente, la cui voglia di rimediare alla precaria paternità la mette in forti difficoltà. Holder, giunto in città per prendere il post della collega, è un neofita della omicidi, ha ancora sulle spalle il peso di incontri terapeutici di recupero e non sa liberarsi da strani rapporti di riconoscenza/sudditanza con un suo superiore. E il legame tra Linden e Holder (sempre i cognomi nella narrazione!), prima altalenante, poi solidale, poi nuovamente di incerta affidabilità reciproca, deve confrontarsi anche con il misterioso trauma professionale di Linden, rimasta sconvolta da un'indagine precedente: un uxoricida che si dichiara innocente condannato a morte, il figlioletto testimone del delitto che esterna i suoi incubi in enigmatici disegni...
Il possente serial made in USA è il remake di una produzione danese (Forbrydelsen, 2007) e se l'alchimia della rilettura yankee trova nel taglio delle regia, nella inquietudine della colonna sonora e nella perfetta intesa del cast il tocco vincente, va dato atto alla ricchezza dell'intreccio il far sì che The Killing sappia tenere alta la tensione per tutti i 26 episodi. L'aspetto insolito, e ancor più affascinante, è che al di là della sconvolgente soluzione del giallo, in cui la beffa del destino esalta il cinismo dei singoli e scardina ogni acquiescenza familiare, la partita dei truci misteri di Seattle non è ancora chiusa: le angosce interiori di Sarah Linden non sono un mero ingrediente passeggero: sarà la terza stagione della serie a fare da tassello fondamentale per il puzzle esistenzial-investigativo di The Killing. Le parole che il sindaco Richmond pronuncia prima di iniziare il suo nuovo mandato «It’s a lovely sunny morning in Seattle, as usual» sanno di emblematica ironia.
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ezio leoni - dicembre 2013 - pubblicato su MCmagazine 35 |
promo |
Seattle. Una giovane ragazza, Rosie Larsen, viene uccisa. La detective Sarah
Linden, nel suo ultimo giorno di lavoro alla omicidi, si ritrova per le mani un
caso complicato che non si sente di lasciare al nuovo collega Stephen Holder,
incaricato di sostituirla. Nei 26 giorni delle indagini (e nei 26 episodi
dell'avvincente serie tv) la città mostra insospettate zone d'ombra: truci
rivelazioni e insinuanti sospetti rimbalzano su tutto il contesto cittadino,
lacerano la famiglia Larsen (memorabile lo struggimento progressivo di padre,
madre e zia) e sconvolgono l'intera comunità non trascurando politici,
insegnanti, imprenditori, responsabili di polizia... The Killing vive di
atmosfere tese e incombenti e di un ritmo pacato, dal passo implacabile e
animato dai continui contraccolpi dell'investigazione, dall'affollarsi di
protagonisti saturi di ambiguità con responsabilità sempre più difficili da
dissipare. |